Tra quattro giorni non sarà più il direttore sportivo della Salernitana, ma la ferita della retrocessione in Serie C Marco Valentini se la porterà dietro per tanto tempo. “Mi sento preso in giro. Di fronte all’evidenza non vengono date risposte. Ora serve ridare un intervento esterno forte, di autorità competenti, altrimenti questo calcio non si ripulirà mai”, afferma il dirigente marchigiano in un’intervista rilasciata a La Città.
Valentini ha ricevuto comunicazione dell’addio due giorni fa: “Ho sentito telefonicamente Iervolino martedì, mi ha ringraziato per il lavoro fatto. Con la salvezza avevamo un accordo per continuare insieme, stavamo pianificando già il mercato e la prossima stagione. Ora è normale che ci sia voglia di cambiare. Non condivido ma ne prendo atto. Le loro parole non erano riferite a me ma credo a chi c’era prima, anche per quello che mi hanno detto”. Il dirigente è tornato sul caos playout e sull’arbitraggio di Doveri nel match di ritorno con la Samp: “C’è il finale che brucia per come è arrivato, per lo schifo che abbiamo incassato. Per alcuni tifosi sono alibi. Non dobbiamo nasconderci. Il mese di sospensione ci ha azzerato le certezze. Prima della sfida con il Frosinone eravamo in una parabola ascendente mentre il resto arrancava. Quello stop ha permesso alla Sampdoria di rinascere mentre noi siamo arrivati stanchi, non convinti come eravamo dopo Cittadella, meno agguerriti dei nostri avversari. E poi all’Arechi ci hanno impedito anche di avvicinarci all’area della Samp. Vorrei sapere che senso ha il Var se non si vede l’episodio di Soriano, se non si penalizza il fallo di mano di Meulensteen. A fine partita ha anche confessato che si aspettava l’annullamento del gol perché sapeva di aver realizzato un’infrazione. Questo ha alimentato la rabbia. Ti dirò, ho anche sbagliato… All’intervallo i calciatori non volevano rientrare in campo perché si sono sentiti presi in giro. Volevano lanciare un segnale forte. Io e mister Marino li abbiamo convinti a disputare il secondo tempo perché c’erano ancora 45 minuti. Ci credevo fortemente”.
L’ormai ex ds non addossa colpe ai calciatori e torna sulle scelte fatte nel mercato di gennaio: “È stato un gruppo fatto di bravi ragazzi, seppur con qualche piccola sfumatura. Professionisti ma serviva personalità e carattere negli uomini chiave. Non si potevano cambiare venti calciatori. Ho cercato di puntellare la rosa affiacandoli a chi non aveva reso al meglio nei primi sei mesi e speravo di recuperare. Però alcuni non hanno cambiato rendimento e chi è arrivato dopo ha fatto fatica. Penso all’attacco… Abbiamo preso il meglio che si poteva avere dal mercato di gennaio tra Abiuso, Russo e Niang, oltre a Lapadula e Pohjanpalo che erano sogni impossibili. Per me Cerri-Raimondo era una signor coppia. Cerri ha fatto subito il Cerri e poi si è fermato. Raimondo non ha ingranato. Confidavo di recuperare Verde ma senza fortuna. Avevo cercato Russo e avevo il “sì” di Henry. Poi il calciatore per motivi personali ha scelto di restare a Palermo. A parte Christensen, Corazza e Lochoshvili, tanti però non hanno reso. Il miglior rendimento del girone di ritorno basta per spiegare che sotto la mia gestione la squadra aveva avuto un’impennata con 24 punti in 18 partite. Non tutto è stato da buttare. Poi ci sono state alcune cose che non hanno funzionato: Girelli non si è imposto, Caligara ha avuto problemi fisici. Guasone? No comment”.
Valentini torna anche sul possibile esonero di Breda prima della gara con la Carrarese, poi avvenuto dopo il ko nel derby di Castellammare: “A Carrara però ci hanno lasciato punti tanti avversari. In quella partita ho capito che c’erano problemi ma bisognava ragionare con tante componenti. In quel momento non credevo fosse la scelta giusta perché sentivo che avesse ancora in pugno la squadra. A Castellammare hanno pesato la formazione iniziale e alcune scelte a gara in corso. Mi sono preso del tempo per incassare tutti i segnali anche dopo aver parlato a caldo in conferenza”.
In chiusura Valentini dice: “Non è un problema di piazza. A Iervolino ho detto che serve dare continuità al management, creare uno zoccolo duro nello spogliatoio. Solo così si costruiscono successi, solo così si crea identità, un’anima. A Salerno non è mai successo, anzi si è creato solo roba provvisoria. E dispiace perché lascio una società snella, senza contratti pesanti firmati da me, con un mercato in cui ho speso zero euro per cartellini. Mi avrebbe fatto piacere ripartire. Ora si rivoluzionerà. Ma non sempre è un bene”.