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Troost-Ekong dallo stop al rientro con l’Inter. Mindset vincente: “Mi studio sempre, momenti no importanti”

L’arrivo dall’Inghilterra, la iella al Bentegodi con la frattura del piatto tibiale e poi il rientro in tempi relativamente brevi, dopo poco meno di due mesi. Per William Troost-Ekong, approdato a Salerno a gennaio e impiegato da titolare contro Lecce, Juventus e Verona, si era subito prospettato un lungo stop. Il possente difensore classe ’93 ha fatto prima, però: è stato convocato contro Bologna e Spezia e ha riassaggiato il terreno di gioco nella sfida all’Inter giocando (bene) 25′ minuti contro Lukaku e soci. Ora è difficile scalzare il trio Daniliuc-Gyomber-Pirola ma il nigeriano vuole essere una freccia in più nell’arco di Paulo Sousa.

Alternative

L’ex Udinese all’occorrenza sarebbe eventualmente pronto a giocare dal 1′. Il suo pieno recupero, se non altro, porta maggiore competizione tra i difensori granata. In settimana è stato pubblicato un podcast su YouTube, in cui protagonista è proprio il difensore che si è raccontato in Inghilterra a E-Perform, canale dedicato interamente al calcio e alla formazione del mindset dei futuri calciatori. Un infortunio ha caratterizzato il suo approccio al granata, ma di momenti negativi il nazionale nigeriano ne ha affrontati e superati tanti in carrieraNei momenti bui il lato mentale è molto difficile ma importante. Sono quelli che ti segnano: sono stato estromesso dall’academy del Tottenham, ho causato un rigore nella prima partita al Mondiale, l’anno scorso in Premier League ho deciso partite negativamente facendo alcuni errori. È molto doloroso, vivi l’emozione negativa di questi momenti, sono sconvolgenti. In prospettiva ti accorgi che non saranno gli ultimi momenti difficili della tua carriera, sicuramente ce ne saranno altri. Questo mi ha fatto sentire senza paura, perché quando ti trovi in un momento no e percepisci che quella cosa è il tuo peggior incubo, pensi di non aver più nulla da perdere. Quando ti succede qualcosa di negativo tendi a proteggere te stesso affinché quella situazione non ti ricapiti, quindi di nuovo il tuo mindset cambia”.

Willian Troost Ekong in azione (foto Francesco Pecoraro)

Mindset

La mentalità di Troost-Ekong si è formata in diversi campionati in giro per l’Europa, dall’Italia alla Turchia passando per Norvegia e Paesi Bassi. Questo lo ha aiutato a formarsi come uomo prima che come calciatore professionista: “Le esperienze che ho avuto mi hanno permesso di capire diverse lingue e culture. Arrivare in Inghilterra a 12 anni mi ha permesso di essere per la prima volta all’estero e di sperimentare nuove cose che mi hanno fatto crescere e che ancora ora formano una parte di me. Lo stesso posso dire del periodo della mia infanzia in Olanda; con mio padre che vive ancora in Nigeria, spendevo la maggior parte delle vacanze in Africa. Questo mi ha permesso di aprire gli occhi”. L’ambiente dello spogliatoio è parte fondamentale del lavoro, secondo il difensore : Nella mia carriera sono sempre stato nella posizione di dover dimostrare, la cosa che è migliorata nel corso degli anni è che ho iniziato a capire e conoscere meglio me stesso. Credo che i migliori calciatori siano consapevoli di ciò che sono capaci di fare o meno. Dovessi riferirmi alla mia nazionale della Nigeria direi che probabilmente non sono il calciatore di maggior talento, ci sono molti ragazzi che offrono prestazioni brillanti da singoli. Devo costantemente capire questo e costruire il migliore ambiente nello spogliatoio per facilitare il loro talento. Così come abbiamo calciatori che fanno molto lavoro sporco e mi riferisco anche alla mia posizione in squadra. Forse questo tipo di calciatori ha meno gloria ma sono loro che danno possibilità ai calciatori più talentuosi di decidere i match e di vincere come squadra. Ovviamente anche io vorrei giocare bene sempre e mi alleno per fare questo in ogni partita, ma comprendo altrettanto che ci sono situazioni in cui devo cercare una via di mezzo”.

Video-clip

Troost-Ekong sviscera aneddoti e racconta piccoli segreti. Da tre anni ha iniziato a studiarsi attraverso i video dei match-analyst, capendo cosa e dove migliorare nei singoli momenti di gioco: “Circa tre stagioni fa ho iniziato a lavorare sui videoclip con i match analyst della squadra, anche all’academy del Tottenham iniziammo a farlo. Ripercorro la mia partita e mi accorgo di cosa è andato storto, cosa ho sbagliato, se ho causato un gol degli avversari. Oppure vedo ciò che è andato bene. Guardi te stesso non solo da spettatore ma cerchi di comprendere il perché hai  preso quella decisione invece che un’altra in quel particolare momento di gioco. Così ho scoperto che ho trascorso la fase iniziale della mia carriera fino ai 26 anni a fare cose istintive in campo. Grazie al lavoro con gli analisti ho scoperto che ci sono momenti in cui vado più di istinto. Quando inizi a usare la testa diventi calmo, fotografi la situazioni e cerchi di applicare le tue skills in base alle informazioni che catturi”.

Dopo l’academy in Inghilterra, un giovane William era tornato nei Paesi Bassi, dove è nato e ha vissuto da piccolo, salvo delle visite al padre in Nigeria dopo la separazione dei suoi. Subito dopo non si è tirato indietro ed è stato girato in prestito all’Haugesund, in Norvegia. “Da piccolo ho giocato molto per strada. Senza saperlo miglioravo la mia tecnica facendo cose basilari ogni giorno inconsapevolmente. Passaggi, dribbling uno contro uno. Anche a scuola amavo giocare a calcio e migliorarmi. Poi il calcio è diventato per me un’ossessione. Quando ho lasciato per la prima volta l’Inghilterra sognavo di ritornarci. Speravo di diventare un giocatore da prima squadra: quando giochi da piccolo in un’academy giovanile non vedi l’ora di debuttare e giocare la tua prima partita da professionista. Quando tornai in Olanda sapevo di essere, ad esempio, il calciatore più veloce perché avevamo svolto dei sprint test nel pre-campionato”. Prima di unirsi alla nazionale africana, però, aveva giocato nell’Olanda a livello giovanile. Fu difficile dover allontanarsi dalla Gran Bretagna dopo aver assaggiato il “miglior calcio”: “Quando sono tornato in Olanda dopo l’esperienza alle giovanili del Tottenham ho preso un agente, all’epoca tedesco. Questo significava che il mercato tedesco era diventato più attrattivo per me anche perché avevo giocato nella nazionale under 19, avevo già avuto una certa esposizione e non ero stato molto impiegato dagli Spurs specialmente nel mio ultimo anno. Quando ho iniziato poi a giocare di più ovviamente molti agenti comparivano, alcuni di essi con diverse aree di riferimento e io avevo la mente molto aperta. A un certo punto un procuratore mi ha detto che potevo firmare per un club belga che mi avrebbe però mandato in prestito in campionati come quello norvegese o svedese. Molti ragazzi potevano dire di no, io ho preso in mano la situazione e sono andato a vedere ciò che il club mi proponeva, non avrei rifiutato nulla, perché dire di no? All’epoca non avevo figli, all’epoca la mia fidanzata era felice di muoversi e cambiare spesso città. Cercavo semplicemente di fare scelte in funzione della mia carriera, non guardando a chi mi offriva più soldi o a luoghi caldi, perché la Norvegia è abbastanza fredda. Poi ovviamente quando giochi costantemente e più di 20/25 partite a stagione, molti procuratori bussano alla porta, durante la mia carriera ne avrò avuto quattro o cinque; alcune volte le nostre ambizioni non combaciavano e non mi sono mai fatto problemi a licenziarli”. 

Nazionale

A proposito di nazionale nigeriana, Troost-Ekong ha saltato gli impegni in Africa a marzo causa infortunio. Ora è pronto per rientrare a giugno contro la Sierra Leone durante gli slot dedicati alle qualificazioni alla Coppa d’Africa: “Fin dal giorno in cui ho iniziato a giocare per la Nigeria, avevamo fantastici leaders in squadra. Il primo capitano era Vincent Enyeama: una leggenda, ha giocato 102 partite per la Nigeria. Lui mi ha aiutato molto all’inizio come portiere alle mie spalle. Il mio ruolo da capitano? Normalmente devo impegnami a sistemare la squadra sul rettangolo di gioco e cerco di stare accanto ai ragazzi, ad esempio quando c’è qualcosa che bisogna dire allo staff dell’allenatore e viceversa”.

 

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