Igli Tare a 360 gradi. Direttore sportivo da quindici anni, nonché braccio destro di Claudio Lotito nella Lazio, l’ex attaccante ieri sera ha tenuto una lectio all’università Luiss di Roma con tema “evoluzione del diritto sportivo e dei profili economico-finanziari delle società“, nell’ambito del corso “Il giurista entra in campo” tenuto dall’ex calciatore granata, oggi avvocato, Gugliemo Stendardo. “Salerno è una piazza per me molto difficile da vivere ma altrettanto formativa, perché ti avvicina molto alla nostra realtà della Lazio, come livello di pressioni e tensione da gestire”: tra i tanti temi affrontati c’è stato anche quello della multiproprietà nel mondo del calcio e le seconde squadre. Non poteva non venir fuori il caso Lazio-Salernitana, risolto definitivamente soltanto il 31 dicembre 2021 dopo non poche peripezie con l’acquisto del club granata da parte di Iervolino.
Tra multiproprietà e seconde squadre
Igli Tare e Gugliemo Stendardo durante la lectio
Il calcio è la seconda industria più produttiva dello Stivale, l’intero indotto dà all’Erario oltre un miliardo di euro, nonostante la Serie A italiana sia in perdita di oltre 750 milioni di euro negli ultimi, complicati, anni. Il Consiglio Federale della FIGC a fine luglio aveva prorogato al 2028/29 la scadenza per il divieto delle multiproprietà, intervenendo sul fatidico art. 16-bis delle NOIF: “Ho avuto esperienza di seconde squadre ben prima di Salerno. Ero in Bundesliga in Germania, in seconda squadra siamo riusciti ad arrivare anche ai quarti di Coppa di Germania. Più di dodici di quei calciatori hanno fatto una carriera importante”, ha spiegato Tare, prima d’ora spesso restio ad affrontare le vicende di casa granata.
Dall’approdo in massima serie del cavalluccio sono trascorsi sette mesi prima del passaggio delle quote sociali alla Idi s.r.l. di Danilo Iervolino. Giorni fatti di tira e molla, indecisioni, trust e cavilli normativi, ma il ds laziale è convinto dei benefici bilaterali derivanti dalla multiproprietà, nonostante le tante voci di bilancio in uscita verso Salerno e circa 42 milioni di euro nelle casse dell’Ippocampo nel corso del decennio: “Il calcio in multiproprietà non è stato attuato solo in Italia, ma ormai ci sono molti fondi a livello mondiale, che hanno acquisito moltissime società anche in Italia. Possiedono fino a sei, sette società diverse in paesi diversi. Non è una cosa sbagliata, deve avere un secondo fine che sia utile per l’azienda. Nel nostro caso avevamo acquisito il Salerno Calcio, una squadra satellite che serviva soprattutto anche per portare i nostri giocatori giovani lì a fare esperienza o giocatori acquistati da noi da Salerno a Roma. Il tutto per avere un’esperienza professionistica a livelli importanti. Alla lunga, la gestione della Salernitana a livello sportivo è stata fruttuosa, perché ci sono stati molti calciatori biancocelesti dirottati a Salerno. Basti pensare Luiz Felipe, Strakosha, Akpa-Akpro, che hanno fatto anche una carriera importante qui alla Lazio. Con la nuova legge non è più possibile avere due o più squadre”.
Secondo Tare i club “satellite” non avrebbero difficoltà nella valorizzazione e nel patrimonializzare i cartellini dei calciatori: “Dipende da quale sia il fine della multiproprietà. Se possiedi un club che ha ambizione di andare nel calcio che conta, ad esempio la serie A, alla lunga diventa un problema perché in questo caso De Laurentiis a Bari sarà costretto a vendere magari tra sette mesi. Perciò io insisto sulle seconde squadre, più di sei anni fa avevamo svolto una riunione in Lega per cambiare le idee e ho avuto modo di raccontare la mia esperienza in merito”. Igli Tare rimane convinto dell’importanza delle seconde squadre, più produttive rispetto alla multiproprietà: “Secondo me bisognerebbe dare importanza alle seconde squadre anche in serie A. La Juventus è l’unica società ad aver attuato questo progetto. Per me è più importante puntare su questa cosa piuttosto che la multiproprietà, perché è molto utile per società che hanno un progetto a lungo termine al fine di avere calciatori più formati e più pronti”.
La figura di Lotito
“Da fuori si ha sempre un’immagine sbagliata”. Non poteva mancare un breve passaggio su Claudio Lotito, patron della Lazio dall’ormai lontano 2004, che ha lasciato la Salernitana ufficialmente a giugno scorso con l’introduzione del trust ed ufficiosamente il 31 dicembre. Tare spiega l’equilibro tra i ruoli in casa Lazio, ricetta del successo del club biancocelesti: “Ha tanti difetti ma ha un pregio: se sa che ha un limite, si ferma lì. Si ferma e non decide se una cosa è giusta o sbagliata, viene da un altro mondo. Sente le voci del direttore e dell’allenatore”. Tra le massime del patron: “Lotito dice che il pallone è per tutti il calcio è per pochi, ognuno ha la sua idea di come deve essere la squadra ma alla fine è come la cassa di una famiglia. Uno ha un budget limitato, lo puoi sfiorare uno due volte, ma alla terza ci ripensi”.
Campionato atipico
Tra un mese il campionato si fermerà per fare spazio alla prima rassegna mondiale disputata in inverno. La Salernitana farà visita alla Lazio il 30 ottobre, per poi vedersela con Cremonese, Fiorentina e Monza nel rush final prima della sosta. Qatar 2022 è alle porte e le società di A (e non solo) stanno già pensando a percorsi da seguire e a come gestire i calciatori che rimangono ai box. Sul punto, Tare è critico: “Adesso si bada solo agli interessi economici, le esigenze sono cambiate e anche noi direttori sportivi ci adeguiamo. La sosta nazionali inciderà tanto nel piccolo. quando sei in questa situazione la cosa più importante è come imparare dagli errori del passato. E’ un momento storico in cui bisogna cambiare, da anni il Paese cerca di farlo, la differenza tra calcio inglese e italiano è che dall’incidente dell’Heysel negli anni ’80 loro hanno percorso una strada ben diversa dal resto dell’Europa, dove tutti li prendevano in giro. Quando ho fatto la tesi di direttore sportivo ho studiato il calcio inglese: le società lì hanno introiti divisi in tre parti: 33, 33 e 34. In Italia invece c’è l’87% di introiti derivanti dai diritti tv. Siamo costretti ad accontentarci di questo e non abbiamo mai pensato ad alternative, a come arrivare ad introiti diversi”.
Le critiche al calcio di oggi
L’ingresso dei fondi internazionali nel mondo del calcio è una nota stonata secondo Igli Tare, legato alla “vecchia scuola” e alle proprietà “a conduzione familiare”, a detta sua più legate alla città e ai tifosi: “Sono rimaste quattro proprietà familiari, Udinese, Atalanta (che oggi ha venduto quote), Lazio e Napoli. Io sono più per questa gestione, le multinazionali hanno solo interesse commerciale e si perde il bello del calcio: la passione, l’amore. Quei fondi lavorano con gli algoritmi e non vogliono più sapere della storia della squadra e della città. Io sono un fan della vecchia scuola”. Molto critico Igli Tare sugli ultimi sviluppi del mondo del calcio, dall’introduzione della Conference League e i ritmi altissimi che i calciatori devono sostenere: “Penso all’opposto rispetto a ciò che vedo accadere. Stiamo guidando una Ferrari che prima o poi si schianterà. Nel calcio si inventano competizioni inutili come la Conference League, che chiamo competizione dei perdenti, o l’Europa League, non hanno alcun valore per introiti che producono. Inventiamo competizioni in più, anche la Nations League con i nazionali e i calciatori diventano robot. Giochiamo ogni due giorni e mezzo ormai e i calciatori non riescono a recuperare, non è umano. Per generare più introiti, generiamo più problemi. Il calcio ha preso la strada sbagliata”. Continua il diesse: “Oggi il calcio è una professione molto veloce. Cosa manca? Dei dirigenti aziendalisti, per il fatto che la durata dei contratti varia troppo. Prendete me, sono uno dei dirigenti più anziano in attività in serie A, questo è il mio quindicesimo anno alla Lazio. Ho la fortuna di lavorare con una società con una gestione virtuosa. Oggi ci sono società, anche di prima fascia, come Juve, Roma, Milan, Inter, che tecnicamente sono fallite ma vengono tenute in vita dal fatto che il sistema ne ha bisogno. È molto importante avere nella società una gestione di lungo termine con progetti importanti per vedere il bene della società. Ruolo di dirigente sportivo è rilevante, non hai potere di decidere il destino fino a quando non arrivano dei momenti cruciali nei contratti dei calciatori. Anche se sei legato da un contratto devi avere possibilità di andare altrove, per noi dirigenti più si va avanti più le cose si complicano, il calcio ha bisogno di introiti, perché è un indotto che genera solo debiti. Grazie a grandi introiti, questo ti fa adeguare a tutto questo sviluppo, noi dirigenti possiamo solo svolgere il lavoro per il bene della società ma soprattutto con costi minori possibili”.
Sui settori giovanili: “L’errore più grande che una società può fare è che, quando produce debiti, va a risparmiare nella gestione di base che è il settore giovanile. Invece di investire o aumentare gli investimenti nella formazione di calciatori e dirigenti, fanno il contrario. Questa cosa negli anni ha fatto uscire fuori la qualità della programmazione dell’Atalanta, del Frosinone o dell’Empoli, che l’anno scorso ha vinto lo scudetto con la primavera. Nel calcio italiano si dice pochi stranieri e tanti italiani: non è vero. Il calciatore bravo non è possibile che non faccia una carriera, se c’è un italiano lo devi pagare dieci volte in più rispetto a uno straniero che magari è meglio di lui. Per questo le società puntano più su stranieri che su italiani”.
Sul calciomercato e procuratori: “Il calciatore oggi è un’azienda perché riesce a guadagnare contratti milionari, ha bisogno di essere seguito dagli esperti anche nel mondo giuridico. Per me è un discorso fondamentale soprattutto in una fase finale della trattativa. La parte legale è quella più importante perché è quella ad incidere nell’andamento della carriera di un calciatore. adesso gli avvocati hanno compreso che nel mondo del calcio possono fare soldi ed oggi fanno gli intermediari, bisogna essere bravi ad entrare nei rapporti con società e calciatori”.
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