Coraggio. Sfrontatezza. Voglia di osare. Perché per sognare non basta più camminare a passo svelto ma occorre iniziare a correre. Ed a sprintare. Una presa di coscienza, probabilmente tardiva, che ha portato la Salernitana ad affrontare il Cittadella con un altro spirito. Non è bastato per portare a casa l’intera posta in palio. Al Tombolato Di Tacchio e soci rimediano un punto che fa morale ma poca classifica, che allunga la striscia di imbattibilità ma che allarma per la preoccupante e perdurante sterilità offensiva. Insomma una gara dai due volti come il recente cammino della squadra granata. Che inizia ad accusare le fatiche di una stagione logorante il cui peso non è stato adeguatamente bilanciato tra tutti gli elementi in rosa. Castori ha scelto un ristretto numero di pretoriani, le rotazioni sono ridotte a fisiologiche necessità, l’apporto degli innesti di gennaio è limitato a Jaroszynski e Coulibaly. Serviva linfa nuova e fresca per corroborare le ambizioni di vertice di un campionato che aspetta tutti, anche il rinato Lecce che sembra aver trovato il bandolo della matassa. E che si candida a serio antagonista della coppia Empoli-Monza.
Eppure, come detto, l’approccio della Salernitana al match era stato promettente. Certo, affrontare un’avversaria che nel suo DNA non contempla barricate e ossessivi tatticismi è paradossalmente più semplice. Non saranno “Il più grande spettacolo dopo il Big Bang” canticchiato da Castori nel prepartita, ma i granata versione veneta sono al solito compatti, determinati ma anche volitivi e cazzuti nell’aggredire l’area di rigore avversaria con un congruo numero di uomini. Alla fine del primo tempo le occasioni reali sono di gran lunga inferiori a quelle potenziali sciupate da Djuric e compagni per frenesia ed imprecisione. La traversa centrata da Bogdan grida ancora vendetta, ma la Salernitana dà la sensazione di entrare con estrema facilità negli ultimi sedici metri avversari. Il Citta è avversario al solito ostico ancor più al Tombolato, campo che mai ha riservato grosse soddisfazioni all’Ippocampo. Al netto di qualche amnesia di Bogdan, però, la linea a tre di Castori funziona. Gyomber, libero di staccarsi, è repentino a chiudere sul gigante Ogunseye intercettando le verticalizzazioni di Donnarumma a scavalcare il centrocampo. Il mancino di Venturato, uno dei migliori interpreti del ruolo nella categoria, ha il suo da fare a contenere le scorribande di Casasola, tra i più pimpanti dell’undici di Castori.
All’intervallo si va con l’amaro in bocca, in campo si ritorna con la coperta corta. Venturato striglia i suoi che creano subito due buone occasioni con Gargiulo e Proia. La Salernitana inizia a perdere certezze e distanze, subentra la stanchezza e l’avversario prende fiducia. Djuric ha sul sinistro la palla buona ma la spara in curva. E’ l’unico lampo di un secondo tempo in cui il Citta è padrone del campo. Esattamente l’opposto della prima frazione. Le mosse di Castori risultano infruttuose: Tutino subentra a Gondo ma è abulico e mai pericoloso. Durmisi non trova mai il fondo per il cross, Kristoffersen risulta evanescente. Il solo Anderson prova ad accendere la luce ma esagera nel dribbling finendo per dimenticare che in campo ci sono altri dieci compagni. E così nel finale il Cittadella prende coraggio ulteriore e crea più di un presupposto per la clamorosa beffa. E’ il palo a salvare Belec sul tentativo di Proia in pieno recupero. Finisce 0-0, il quarto nelle ultime cinque gare. Nel girone di ritorno sono appena due le vittorie su dieci match disputati. Tanto da rammaricarsi, poco da rimproverare alla squadra ed all’allenatore. Che potrebbe sì diversificare la lettura a partita in corso ed essere meno monotematico nelle sostituzioni, ma a cui va dato atto di essere riuscito a ricostruire una squadra dalle ceneri veleggiando in acque mai solcate dal ritorno in B. Andando oltre i limiti tecnici dei singoli. Che potevano e dovevano essere colmati con un mercato di gennaio a passo decisamente diverso.
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