Carlo Ricchetti era leggerezza, calzettoni abbassati come “quelli bravi”, con quel 7 sulla maglia che lo accompagnava quando il calcio era dall’1 all’11 e che ha mantenuto sempre, anche col cognome stampato sulle spalle. Era corsa facile, instancabile, efficace e divertente da vedere per chi, tra il 1993 e il 1998, è stato bambino, ragazzino, adolescente. Ecco perché la scomparsa a soli 55 anni del “re del taglio” lascia almeno un paio di generazioni con la tristezza negli occhi, anche il giorno dopo.
Oggi a Foggia la chiesa del Carmine Nuovo ospiterà la cerimonia funebre dell’ex calciatore alle ore 15. La Salernitana ha chiesto alla Lega Pro di giocare con il lutto al braccio al Francioni di Latina domenica e di osservare un minuto di raccoglimento in memoria del “CR7” preferito dai suoi sostenitori prima della gara. Ai funerali ci saranno delegazioni di Foggia e della stessa società granata, ma soprattutto i tantissimi vecchi compagni di avventura di Ricchetti a Salerno. L’epopea di Rossilandia ha scritto pagine di storia sportiva, ma anche di rapporti personali incancellabili tra i vari protagonisti, amici per la pelle e gruppo solidissimo anche fuori dal campo, allora come oggi a distanza di oltre 30 anni. Un gruppo che ha accompagnato Ricchetti nella fase riservata della malattia incurabile, stringendosi attorno a lui e regalandogli il silenzio che aveva dignitosamente chiesto di mantenere. Come una famiglia allargata.
Roberto Breda è stato uno dei simboli di quella squadra. Anzi, di quelle squadre. Aveva accolto subito Carlo Ricchetti nel suo gruppo di lavoro tecnico dal 2005 (uno allenava la Primavera della Salernitana, l’altro la Berretti), poi in seguito nel settore giovanile della Reggina, infine come suo vice nelle esperienze a Latina, Terni, Chiavari e Perugia. Dopo l’Umbria, sponda biancorossa, la decisione di separarsi per alcune incomprensioni. Il toccante post pubblicato su Instagram dall’ex capitano e allenatore granata dice tutto in poche righe: “Ciao Carlo, un pezzo enorme del percorso delle nostre vite lo abbiamo passato assieme, come compagni di squadra, colleghi e con le nostre famiglie. Ci siamo trovati uniti, alla scoperta di nuove città e sfide. Abbiamo attraversato giorni felici, momenti difficili, abbiamo condiviso grandi soddisfazioni e a volte ci siamo divisi l’amaro delle delusioni. Sei stato una persona leale, sincera e un amico fedele, più di quanto lo sia stato io. Ad Antonella e a tutta la vostra famiglia va il mio abbraccio più sincero. Grazie di tutto Carlo. Buon viaggio amico mio”. Distrutto come tutti quelli che hanno condiviso lo spogliatoio con Ricchetti, Breda ha voluto affidare ai social le sue sensazioni. Proprio quei social su cui Ricchetti c’era ma era come se non ci fosse, abituato ad apparire ben poco anche dopo il suo ritiro.
Eppure non si è mai tirato indietro alla richiesta di un commento, di un’intervista da ex interessato prima di una partita, da vecchio cuore granata con una fiamma mai spenta. E che mai si spegnerà. Perché gli uomini generosi come Carlo Ricchetti che con sobrietà hanno sudato la maglia 157 volte non saranno mai dimenticati. In città e sul web si moltiplicano le richieste di ritirare la maglia numero 7. Per ora è sulle spalle di Achik, un altro dai “calzettoni abbassati”. Per il momento, è evidente che a campionato in corso non si possa far cambiare numero a un giocatore, i regolamenti non lo permettono. Le valutazioni ci saranno a giugno per il futuro. Ma la 7, per chi verrà domani e per lo stesso marocchino, potrà rappresentare responsabilità e stimolo aggiuntivo per chi la indossa o la indosserà. La foto del ’94, finale playoff al San Paolo, che ritrae Ricchetti esultare di spalle è “la foto”. Corsa leggera, spensieratezza, felicità. Grazie per averci fatto emozionare!
“Ricchetti, la la lalà la la… Va sulla fascia, si accentra e crossa…”