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#NonTiScordarDiMe. Rovani: “Ricordo gli insulti all’esordio per i miei trascorsi. Salerno è mio grande rimpianto”

Aveva l’etichetta da bomber, arrivava da piazze calde come Caserta e Cava de’ Tirreni ma lasciò Salerno con un solo gol all’attivo e un enorme rimpianto. La storia di Roberto Rovani a Salerno è quella del centravanti di categoria che, per diversi motivi, non è riuscito ad esprimersi al massimo del suo potenziale. Non è stato il primo né l’ultimo ma dopo quasi trent’anni la ferita di quella stagione è ancora aperta.

“Salerno è da sempre il mio più grande rimpianto. – ha confessato ai nostri microfoni – Ho sempre pensato di aver fallito in una piazza che ho all’epoca vedevo come la Juventus della Serie C.  Avevo 27 anni, venivo da Caserta dove avevo fatto i conti con l’epatite ma l’approccio fu positivo. Per me era una sfida, ero stato a Caserta e Cava de’ Tirreni ed ero anche napoletano: ricordo gli insulti che arrivavano dalla Curva quando misi piede all’Arechi, mi dissi che avrei dimostrato il mio valore al di là dei miei trascorsi“. Si arrivò così al tanto atteso esordio con l’ippocampo sul petto: “Dopo pochi giorni giocammo il ritorno di Coppa Italia col Padova e, dopo tanti mesi di stop, feci una grande partita uscendo tra gli applausi di 12mila spettatori. L’inizio fu esaltante ma quando arrivi con l’etichetta di bomber la gente pretende tanto”.

Ad ogni modo Rovani conserva un ottimo ricordo della tifoseria granata: “Ho avuto un grande supporto dai tifosi nel girone d’andata, complice il rendimento della squadra che partì bene. Feci un solo gol all’Arechi contro l’Ischia ma in quella partita venni anche espulso. Le cose cominciarono ad andare male e in molti se la presero con me perché, sulla carta, ero quello che doveva fare gol. Sicuramente avrei potuto fare di più sotto il profilo realizzativo, ma ho sempre dato tutto anche se non sono mai stato un vero e proprio centravanti ma più un giocatore polivalente. A Salerno giocavo quasi da seconda punta, feci fare diversi gol a D’Isidoro”.

Il cambio di allenatore da Simonelli a Burgnich non aiutò: “Dopo una partita a Nola me la presi con il nuovo tecnico Burgnich perché non mi fece giocare. Durante la gara ebbi un’occasione per pareggiare ma Genovese fece una grande parata. Molti diedero a me la colpa. Inoltre molti pensavano che io fossi a titolo definitivo della Salernitana invece ero arrivato in prestito dalla Casertana e quando svelai questo dettaglio molti pensarono che io volessi tornare a Caserta, in realtà non era così. Dopo quella partita mi sfogai perché il tecnico non fece giocare me e Pasa; ero un istintivo e generoso, mi chiamavano ‘O Lione”.

Il gruppo però rimase sempre compatto: “Era un bel gruppo, non ci furono mai difficoltà, soprattutto con Simonelli. Quando poi le cose cominciarono ad andare male lo spogliatoio diventò più serio ma il gruppo rimase sempre unito”

Rovani si è soffermato anche sul momento attuale del calcio italiani, fermato dal coronavirus ma desideroso di ripartire: “Il calcio è una industria, ci sono troppo interessi. Da un lato possono essere legittimi ma non si può pensare di riprendere un’attività che coinvolge tantissime persone perché anche una partita a porte chiuse non vede interessate solo le due squadre. In questa fase, soprattutto nelle zone più colpite, è impensabile riprendere a giocare anche se ci sono degli interessi a livello europeo. Credo che interessi principalmente la Serie A, del resto non tutte le società di B e C potrebbero rispettare il protocollo, anche a livello economico. Questo campionato è già del tutto falsato, si potrebbero disputare dei play-off magari per assegnare lo scudetto in Serie A ma ripeto, pur essendo un amante del calcio mi rendo conto che continuando a ragionare in questo modo le cose possono peggiorare. Abbiamo superato una fase critica ma l’emergenza non è finita. Lotito? E quando gli ricapita di poter lottare per lo scudetto? Ovviamente in questa fase ognuno tira l’acqua al suo mulino”.

A proposito di Lotito, Rovani ha vissuto a Salerno il passaggio da Soglia a Casillo e dunque conosce bene il discorso multiproprietà: “Per me ogni squadra deve avere la sua proprietà perché si possono creare dei conflitti di interessi. Forse Lotito non ha ancora capito dove si trova, deve ancora rendersi conto di cos’è Salerno. Probabilmente facendo lo stesso campionato in Serie A, fa più spettatori a Salerno che a Roma. Deve decidere cosa fare”.

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