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Non è Caronte ma è nel Purgatorio granata: Colantuono, tris tra dignità e “militanza”

Dopo 777 giorni per Stefano Colantuono si riaprirà una finestra in panchina in Serie A. Domani il tecnico si riaccomoderà alla guida della Salernitana che, fatta eccezione per una parentesi dirigenziale alla Sambenedettese, è da sette anni al centro della sua vita professionale da allenatore, poi da responsabile del settore giovanile ed ora di nuovo da mister. Anzi, tutti e due i ruoli.

“Ho fatto una scelta diversa, decidendo dopo 24 anni di togliere il piede dall’acceleratore. Avevo bisogno di scrollarmi di dosso un po’ di pressione. – ha detto ieri in conferenza riferendosi alla decisione di accettare la proposta della Salernitana di dirigere i baby – Ora mi sono trovato in questa situazione: questa è la società dove sono stato per più tempo, dopo Bergamo, mi piace la città e sono a disposizione di Iervolino che mi ha chiesto aiuto”.

Colantuono è a quota 243 panchine in massima serie e punta ovviamente a tagliare il nastro delle 250. Lo farà a maggio, alla terzultima giornata, sul prestigioso campo della Juventus. Magari sarà stato anche questo a spingerlo ad accettare di “dare una mano al presidente che me l’ha chiesto, perché ormai sono un uomo società. Sto qui da tanti anni e mi sento salernitano d’adozione. sono un soldato”. Il tecnico mantiene contemporaneamente il ruolo da responsabile del settore giovanile, si è praticamente stanziato al Mary Rosy. Nel centro sportivo di Pontecagnano Faiano a strettissimo giro saranno spostati anche tutti gli uffici del settore giovanile. L’intento della proprietà è trasferire l’intera sede sociale lì, quando saranno terminati i lavori già cominciati da un paio di mesi. Colantuono è segnalato spesso in arrivo di buon mattino, caffè, riunioni con lo staff, allenamenti, poi ancora riunioni fino a che fa buio. Ieri ha terminato la conferenza stampa e poi si è messo al telefono per ascoltare le ultime notizie sui granatini under 12, appena vittoriosi di un importante torneo a Recale. Non solo, ha voluto test con la formazione U17 negli ultimi giorni per la prima squadra, coinvolgendo ragazzi che conosce e cercando di sviluppare tutto in maniera bidirezionale. Chissà che non gli torni la voglia di sedersi in panchina a fine stagione. La voglia di dimostrare di essere sempre quello dell’Atalanta, del Palermo e poi dell’Udinese c’è tutta.

Ora la prima squadra ha priorità. Dal confine del Mary Rosy traspare quel briciolo di serenità in più trasmesso da chi sa il fatto suo ed anche che ormai il grosso è fatto. O meglio, non fatto. Nulla da perdere (più) ma neppure nulla da guadagnare per la Salernitana in un “mini torneo di nove partite in cui dobbiamo cercare di fare il meglio possibile, poi a fine stagione vedremo cosa dirà la classifica. Io traghettatore? Quello lo faceva Caronte, che trasportava le anime dei morti. Noi non siamo ancora morti”. Parole che, al di là dei risultati che la sua Salernitana riuscirà a raggranellare per salvaguardare la dignità, suonano come un richiamo importante. Perché c’è modo e modo di essere sportivamente consci del destino che ti attende.

 

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