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“Mio figlio accoltellato”, giovane calciatore granata aggredito. Colantuono: “Vicini alla famiglia”

“Dobbiamo far andare via i nostri ragazzi da Napoli, perché è una città stupenda ma troppo pericolosa, piena di pazzi criminali. Una città in cui, se un ragazzo esce per mangiare un gelato, rischia di non tornare più”, sono le parole, rilasciate al Corriere della Sera, di Diego, 42 anni, padre di Emanuele, 15 anni, calciatore che milita nelle giovanili granata. Sabato sera il ragazzo è stato accoltellato all’addome, davanti ad un cinema, in un centro commerciale di Casoria, in provincia di Napoli.

L’accaduto ha naturalmente scosso l’ambiente giovanile granata. Il club ha espresso la sua vicinanza in una nota: “L’U.S. Salernitana 1919 esprime la sua vicinanza ad Emanuele, calciatore del settore giovanile granata rimasto vittima di una vile ed ingiustificata aggressione sabato sera in un centro commerciale di Casoria. Per un vero miracolo, non è in pericolo di vita ma dovrà affrontare un periodo ai box. Tutta la società si augura di rivederlo presto di nuovo in campo, in primis il patron Danilo Iervolino, insieme a dirigenti, tecnici e calciatori della prima squadra, oltre che a staff, allenatori e compagni nella formazione giovanile”.

A commentare i fatti anche il responsabile del settore giovanile, Stefano Colantuono: “L’esempio dei ragazzi perbene, dediti allo sport e con i sani valori della famiglia non deve essere calpestato da sottoculture di baby-gang. La Salernitana sarà accanto ad Emanuele e alla sua famiglia nella speranza che possa uscire presto dall’ospedale e tornare a calcare il prato verde, a studiare, a fare le normali cose dei giovani della sua età. Ha rischiato di perdere la vita mentre era in giro con amici e si è ritrovato in preda a un gruppo di bulli coetanei col coltello in tasca. Non è ammissibile. Ci auguriamo che guarisca presto e che questo possa rappresentare solo un brutto ricordo. Nel contempo, la speranza è che fenomeni come quello delle baby-gang possano essere stroncati con interventi mirati. In questo, il calcio può fare tanto. Il nostro club è in prima linea nel condannare atti di violenza o di vera e propria microcriminalità”.

I fatti

Le modalità dell’aggressione sono state spiegate dal padre sulle colonne del Corriere della Sera: “È stata un’aggressione senza motivo. Mio figlio era fuori con la cugina e altri due amici. C’era un gruppetto che stava infastidendo molte persone. Un ragazzo alto, con un casco, ha iniziato a litigare con uno degli amici di Emanuele. È stata una questione di secondi. Il ragazzo è andato poi addosso a mio figlio e, senza che lui se ne rendesse conto, gli ha dato una coltellata e poi è scappato. Solo dopo aver fatto qualche metro, mio figlio si è accorto che perdeva sangue e si è accasciato a terra”.

L’aggressione, come spiega Diego, è stata compiuta da ragazzi tra i 12 e i 13 anni: “Una baby gang, perché comunque parliamo di ragazzini di 12 o 13 anni. Ma un ragazzo che scende con un coltello in tasca e mira al cuore, non a una gamba, non a un braccio, ma al cuore, sembra già intenzionato a uccidere, giusto per il gusto di dire che l’ha fatto, non crede? Mentre mio figlio era a terra lo hanno soccorso alcune persone che erano lì e lo hanno portato in ospedale”.

Emanuele attende ora di capire se dovrà essere operato: “Le 48 ore non sono ancora trascorse (sono passate nella notte, ndr). Poi si deciderà se intervenire. La pugnalata gli ha tagliato in due il fegato e gli ha sfiorato l’aorta e il cuore. Il chirurgo che è venuto in stanza ha ricordato a mio figlio che è stato un miracolato”.

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