Domenica sera la Salernitana aveva invitato i suoi tifosi su Instagram a rivolgere le proprie domande ad Alessandro Micai, tramite una storia pubblicata sul profilo ufficiale del club. Ventiquattro ore dopo sono giunte anche le risposte del portiere granata: la società ha selezionato 15 domande e ieri sera “Ask Micai” ha trovato completamento con la lettura delle risposte dinanzi allo smartphone da parte dell’ex barese.
“Sto cercando, per quanto possibile, di fare una vita abbastanza regolata, ogni giorno faccio esercizi per la mobilità articolare, a corpo libero o con elastico, ne ho approfittato per riprendere qualche libro che mi ero ripromesso di leggere e che per un motivo o per un altro non avevo avuto tempo di aprire, sulla cura del dettaglio alimentare. – le prime parole dell’estremo difensore – Poi ho visto diversi documentari e rianalizzato le mie vecchie partite di questa stagione, i miei movimenti rivisti da un’altra prospettiva per capire come migliorarmi. Sento tutti i giorni le mie due nonne che… si sono innamorate di Djuric (ride, ndr). La mia famiglia vive a Quistello, vicino Mantova, il rischio di contagio è al minimo e tutti stanno bene fortunatamente. Telefonicamente percepisco che i miei parenti e la popolazione hanno paura”.
Il percorso che lo ha portato a scegliere i pali, piuttosto che una maglia da giocatore di movimento, ha radici in famiglia. “Solitamente da piccoli si è attratti da una rovesciata, da un gol, da un tunnel. Io ero attratto dalle uscite a contrasto sull’attaccante, dai super interventi, dalla bellezza dei guanti. – racconta Micai – Non nascondo che da piccolo tante volte avrei voluto giocare attaccante, ma papà e zio sono stati portieri e mi hanno indotto di più a guardare alle grandi parate. Ho scelto la maglia numero 12 perché ho debuttato con quella, ero giovane e obbligato a prendere quella, da quel giorno ho deciso che quel numero facesse per me. Anche quando mi hanno chiesto se volessi la 1, ho preferito portare avanti questa scelta e lo farò ancora in futuro. Il mio idolo? Tuttora è Gigi Buffon che nel 2006 avrebbe meritato anche il Pallone d’Oro, oltre al Mondiale”.
Si è fatto un gran parlare, anche la scorsa estate, della promessa che Lotito avrebbe fatto a Micai di portarlo alla Lazio all’atto della sua firma con la Salernitana, che avvenne nell’estate 2018 approfittando del crac del Bari. Il portiere… svia ogni discorso e si concentra sul cavalluccio marino: “Salerno è il mio presente, se in futuro mi chiedessero il più bel ricordo, mi piacerebbe rispondere con la promozione in Serie A. Qui si vive bene, l’anno scorso ho avuto un periodo difficile di adattamento e non nascondo che questo aspetto ha influito su qualche prestazione. In questo secondo anno mi sono ambientato alla grande anche grazie all’affetto che la gente ha mostrato negli ultimi tempi. A Salerno sto bene, ma il mercato è imprevedibile. Cerco di guardare al presente, nel calcio non si può mai sapere ma di certo mi piacerebbe lasciare un segno importante, magari da capitano della Salernitana in Serie A. Indosso una maglia prestigiosa per la categoria, non mi riferisco ai trofei vinti ma alla passione che si respira nelle strade. Tutti i calciatori dovrebbero ambire a vestirla”.
La partita del ricordo in negativo “inevitabilmente è quella col Benevento col famoso autogol dell’anno scorso” secondo Micai. Quella che ricorda più volentieri, invece “è la finale playout di Venezia ma anche il debutto dell’anno scorso all’Arechi contro il Palermo con 20mila persone sugli spalti“. A proposito di tifosi: “Mi piace tantissimo il coro “State tutti attenti che” e quello sulla base di urlando contro il cielo, se fatto con una coreografia ancora di più. Sono venuto all’Arechi anche da avversario, è uno stadio impressionante, pesante soprattutto per i portieri, se fosse pieno ogni domenica giocheremmo davvero in dodici contro undici. Quanto al campo, abbiamo creato un gruppo unito, stiamo bene insieme. Spero si torni a giocare al più presto per raggiungere tutti i nostri obiettivi singoli e di squadra”.
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