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LA RIFLESSIONE. Tradizioni e intrecci, gruppo unito e “salernitanità”: pagine nuove del libro granata

Le radici affondate nel mare. Perchè è agosto e perchè tutti hanno imparato a fare i conti con la contemporaneità di ferie, vacanze e calcio giocato. Ma quello sulla sabbia di Santa Teresa, nel cuore della città di Salerno, ha assunto un altro significato. Quello della tradizione che si mischia con l’innovazione come a volerne fare un altro e nuovo ingrediente per una ricetta rivisitata. Quattro giocatori, quattro maglie nuove, i bambini dagli occhi emozionati nel vedere per un attimo quei giocatori chiedergli con un pallone tra le mani: “Vuoi giocare?”. Un cambio di rotta, probabilmente, un voltare pagina, un vento che gira al contrario e che bisognerà (in)seguire per vedere dove si vuole navigare. Come in una giornata qualunque in piazza Flavio Gioia, fino al momento di un fischietto di un agente di polizia municipale che ferma tutti.

Questa volta il suono è quello di un fischio di un (nuovo) inizio. E nella stessa giornata – il 21 agosto – c’era attesa per l’alzata del panno di San Matteo che ha dato il via alle celebrazioni per il Santo patrono, un altro “panno” bianco dalle trame che richiamano proprio quella Cattedrale è stato oggetto di scambio e di intreccio, passato dall’essere indossato dai calciatori ai granata alle mani di bambini emozionati. Le mani che si intrecciano con la tradizione e con i salernitani, con il passato, con il presente e perchè no con il futuro: questa è Salerno.

E questa è la Salerno che sta provando a rialzarsi tra le cronache sportive che l’hanno vista arrancare dal basso per troppo tempo. E’ la Salerno che cresce attraverso gli occhi dei bambini, da cui ricomincia e da cui trova la freschezza e l’energia per non voltarsi indietro. Tra sacro e profano, la maglia e il panno con le quali i cittadini salernitani e i tifosi della Bersagliera si tengono “caldi”. E’ il momento di riavvicinarsi, di stringersi, di farlo macinando chilometri come in questa giornata nella lontanissima Bolzano e come martedì a casa Arechi. E a casa Arechi, proprio ieri sera, alla vigilia di una partita (la seconda di campionato, la prima è stata vinta in casa contro il Cittadella, ndr) è apparso l’ennesimo striscione di contestazione al patron granata Danilo Iervolino che ha passato la mano della presidenza a Roberto Busso, rimanendo – di fatto – proprietario della Salernitana. Contestazione lecita, così come la libertà di espressione, ma potrebbe pur sempre – stando a quanto i social regalano tra spunti di riflessione – destabilizzare questo gruppo solido di calciatori nuovi e freschi che hanno mostrato lo stesso entusiasmo dei piccoli salernitani davanti a quella Curva Sud in festa dopo una vittoria attesa da tanto, troppo tempo e che stanno provando ad intrecciarsi alla realtà di Salerno, accolti come solo i salernitani sanno fare: aprendo le porte e invitandoli a mangiare a tavola perchè “dove mangiano due, mangiano dieci”.

E forse sarebbe il momento di ritornare con la mente a quell’antica tradizione, a guardarsi negli occhi davanti ad un pallone con stupore e meraviglia di bambini e dire semplicemente: “Vuoi giocare?”. Oggi è tempo solo di guardare il pallone che rotola, di alzare la voce, di stringersi le mani e di guardarsi con gli occhi da “sold-out” davanti all’ippocampo cucito sul petto e di mettere da parte gli spigoli, provando a smussarli e ad attendere silenziosi: come popolo di pescatori, che amano smisuratamente nell’attesa e che sanno ancorarsi alla vita.

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