La stagione 2024/25 sarà quella del disimpegno di Danilo Iervolino, che è presidente della Salernitana probabilmente ancora per poco: l’intenzione sarebbe quella di assegnare formalmente il ruolo ad altri (non necessariamente l’ad Milan) in attesa di trovare nuovi potenziali acquirenti per la società, che di fatto è in vendita. Tramontata la trattativa Brera Holdings a causa delle mancate garanzie presentate dalla controparte al momento del dunque, dopo un mese e mezzo di dialoghi serrati, il massimo dirigente aveva detto no anche a un’altra proposta di un Rti con diverse imprese coinvolte e un frontman politico, evidentemente non convinto della bontà dell’operazione. Vuol cedere ma non può farlo se non ha la certezza che chi prenderà la Salernitana la risolleverà con affetto.
Lo stato d’animo
Iervolino resterà il proprietario andando avanti e garantendo pagamenti e gestione ordinaria responsabilmente, tanto da effettuare venerdì scorso la prevista ricapitalizzazione (15 milioni) per tenere l’indice di liquidità a posto e consentire il mercato. Però si tocca con mano ormai quanto l’entusiasmo che lo aveva contraddistinto nelle sue prime due stagioni al timone sia ormai svanito. L’imprenditore palmese si è sentito ferito, tradito dalla piazza e travolto dalle critiche giudicate eccessive, motivo che lo spinge a defilarsi progressivamente anche nelle scelte per il futuro. I silenzi di questi mesi non hanno aiutato a ristabilire contatti, dialoghi, empatia. Anzi, hanno alimentato tensioni. Va da sé che dopo aver investito tanto, Iervolino non si aspettava che la situazione potesse precipitare in tal modo anche dal punto di vista ambientale. Due strade in questi casi: rilanciare oppure rinunciare. La seconda sembra quella scelta da un uomo descritto come molto deluso. Al pari, però, della tifoseria che ha dovuto assistere l’anno scorso a spettacoli squalificanti e mortificanti.
Situazione avvelenata
Dopo una retrocessione sarebbe servito ben altro: compattezza, unità di intenti, voglia di rilanciare e dall’altra parte di mettere una pietra sopra tutto ciò che è andato storto. In casa Salernitana purtroppo non sembrano esserci questi presupposti. Le dimissioni lampo di Sottil (arrivate dieci giorni dopo la firma a causa dei ridimensionamenti del progetto in seguito alla mancata cessione della società, stando a fonti vicine al tecnico, mentre dalla società trapela che il totale degli ingaggi dello staff del mister sarebbe stato fuori portata, di ben 1,5 milioni) hanno gettato la Bersagliera in un nuovo tritacarne mediatico. In una situazione normale, il fulmine sarebbe stato a ciel sereno e il pensiero sarebbe stato del “meglio così, piuttosto che iniziare un nuovo amore viziato”. In questo frangente, però, la tifoseria manifesta la propria preoccupazione. Vero è che se il campionato iniziasse oggi, la Salernitana avrebbe a disposizione giocatori importanti per la categoria, ma è altrettanto vero che dopo le scorie della retrocessione e soprattutto per il peso dei loro ingaggi, risulta molto difficile pensare di poter trattenere tutti. La maggior parte avrebbe chiesto di andare via e prima di prendere i sostituti, in ossequio alla vecchia legge del “prima le uscite”, bisogna piazzare questi contratti pesanti altrove.
Il diesse
Petrachi non ha manifestato intenzione di dimettersi. Anzi, penserà a cedere al meglio possibile tutti coloro che hanno mercato, rimpiazzandoli con elementi di prospettiva, low cost, anche in prestito e provando a costruire una squadra dignitosa ed in grado di scongiurare il rischio del doppio salto all’indietro. La realtà sembra questa ma non è esternata dalla proprietà o comunque dal facente funzioni (Maurizio Milan) in modo chiaro. L’operato del club, compresa la scelta del nuovo allenatore, che potrebbe essere Gaetano Fontana qualora trovasse l’accordo col Latina per la rescissione del contratto, è avvolto in una nube gonfia fra tagli, malcontenti, mutismi e oggettivi ritardi. Tra otto giorni si parte per il ritiro. Solo un pallone che ricomincerà a rotolare riuscirà a riportare un briciolo di serenità. Oppure no.
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