Due anni a buonissimi livelli per il tuttofare del centrocampo che grazie al granata è riuscito ad accarezzare anche l’azzurro. Nicola Campedelli oggi fa l’allenatore e ricorda con orgoglio le sue stagioni alla Salernitana, tra il 2000 e il 2002. Intervistato dal quotidiano il Mattino, l’ex mediano del cavalluccio rivela che in questa quarantena ha potuto rivedere alcune sue partite giocate a Salerno, non nascondendo affetto per la sua esperienza a Via Allende: “A volte rivedo con grande piacere la vittoria nel derby con il Napoli all’Arechi – rivela Campedelli – Vignaroli mi negò la gioia del gol, toccando il pallone che sarebbe comunque finito dentro, poi servii l’assist del raddoppio a Bellotto. Fu una grande giornata, in un Arechi pieno e festante”.
Dici Salernitana e Campedelli sfoglia l’album dei ricordi: “È stata una tappa fondamentale della mia carriera. Grazie alla Salernitana sono arrivato a vestire la maglia dell’Under 21 e a quei tempi ero tra i pochi che giocasse in B. Venivo da Cesena, insieme a Olivi, che è una piazza calda e per tanti aspetti simile a Salerno, ma all’Arechi sono maturato come calciatore e come uomo, anche perché fu la mia prima esperienza lontano da casa. Il tempo passa, ma i ricordi sono indelebili. Ricordo che all’epoca non c’era solo la Salernitana, ma anche squadre di A, come l’Udinese. Salerno, però, era una piazza a cui non si poteva dire di no, specie in quel momento. C’era stata la A, la retrocessione e in quegli anni tanti giovani s’erano affermati in granata. Ricordo Vannucchi, Di Michele, ma anche Fusco, Giacomo Tedesco, Gattuso. Ho avuto la fortuna di giocare con dei giocatori molto forti. E poi i tifosi, lo stadio, la città: un periodo bellissimo che mi è servito tanto anche dopo. Mi sarebbe piaciuto regalare una promozione alla tifoseria granata”.
Promozione solo sfiorata, con Zeman in panchina: “Durissimo il suo ritiro. Per noi il suo arrivo fu importante, perché era un allenatore che aveva rivoluzionato il calcio nel decennio precedente. Per le sue idee estremiste, dal punto di vista tattico, non è l’allenatore a cui mi sono ispirato una volta che ho cominciato ad allenare, ma ho grande stima per lui e sicuramente i suoi principi di gioco debbono sempre essere tenuti in grande considerazione. Con lui potevamo fare di più. Partimmo in sordina, senza avere la giusta consapevolezza nei nostri mezzi. Poi, le cinque vittorie di fila, tra cui quella col Napoli, ci fecero credere che la promozione fosse possibile. Purtroppo, arrivò quella sconfitta interna col Genoa e la corsa finì”.
Poi Campedelli lasciò Salerno e andò al Modena dove incrociò Stefano Pioli: “Il mister era arrivato a Salerno dopo che io ero andato via. Ci siamo incontrati al Modena e per me è stato una fortuna. Sono umanamente e tecnicamente innamorato di Pioli, un allenatore bravo e preparato. Mi piace come gestisce lo spogliatoio e come fa giocare le squadre. Ho cercato di prendere molto da lui quando ho cominciato ad allenare”.
Oggi Campedelli è mister, ha potuto riabbracciare il suo amico Olivi e come tutti è stato costretto alla quarantena: “Ero stato chiamato da qualche settimana dalla Sangiustese, in Serie D, quando è arrivato lo stop. Sono stato in casa, ho avuto la possibilità di godermi la mia numerosa famiglia, visto che con mia moglie abbiamo avuto quattro figli, e mi sono tenuto aggiornato, guardando partite e cercando di apprendere novità e cambiamenti che nel calcio sono all’ordine del giorno. Io penso che se si è ripartiti in Germania si possa farlo anche da noi. Ovviamente, bisogna osservare tutte le prescrizioni necessarie per tutelare la salute di tutti. Il ritiro non mi spaventerebbe, i calciatori sono abituati. Olivi? Un paio di anni fa ero al Romagna Cento, una squadra di Cesena che ha poi ceduto il titolo sportivo proprio alla società storica della città, e Samuele ha fatto il mio collaboratore. Mi ha fatto molto piacere ritrovare un ex compagno e un amico”.
Ma nonostante la distanza, Campedelli non ha smesso di seguire la Salernitana: “Guardo sempre il risultato alla fine di ogni partita. Quest’anno l’ho vista giocare solo una volta, spero che possa fare sempre meglio. Ventura è un uomo di calcio, un vero maestro. Nonostante l’età avanzata, in ogni sua intervista fa trasparire la voglia di allenare e di stare su un campo di calcio. Si è saputo evolvere nel corso degli anni, passando dal 4-2-4 al 3-5-2 e proponendo sempre cose nuove e interessanti dal punto di vista tattico. Io allenatore all’Arechi? A chi non piacerebbe una prospettiva del genere? Ho avuto la possibilità da giovane allenatore di confrontarmi con la B ai tempi del Cesena, ma le cose si fanno un passo alla volta. Ora sto allenando in D e spero di poter fare sempre meglio. Questa stagione è ormai andata, ma l’augurio è quello che si possa ricominciare dopo l’estate senza problemi”.
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