La salvezza, poi i problemi in estate e gli abboccamenti col Napoli con conseguenti velate critiche alla campagna acquisti. L’avventura di Sousa nel 2023/24 era partita già col piede sbagliato in granata e da qualche giorno si sono aggiunte le critiche giunte da più parti sulla condizione atletica del gruppo ereditato da Inzaghi. A distanza di più di un mese dall’allontanamento del portoghese dalla panchina della Salernitana, a parlare è LluisSala, preparatore atletico dello staff del trainer lusitano. Il lavoro svolto dal “prof” spagnolo è finito nell’occhio del ciclone dopo le dichiarazioni di Superpippo (“Per carità, ognuno ha le proprie metodologie ma questa squadra ha bisogno di lavorare”) e la lettera ai tifosi di Danilo Iervolino pochi giorni fa, seguita dalla nota del club.
“Come preparatore atletico mi sento sotto pressione soprattutto quando i miei calciatori sono interessati da frequenti infortuni muscolari. Non quando mi si critica perché corrono poco in campo, quello dipende da situazioni di gioco” ha dichiarato Sala durante una puntata del podcast YouTube diretto da Alex De La Vega. Sala ha affrontato molti temi legati alla recente esperienza campana.
Il messaggio di Iervolino
In settimana Danilo Iervolino aveva risposto alla richiesta di chiarimenti da parte del CCSC. Nella lettera ai tifosi aveva fatto riferimento esplicitamente al periodo di preparazione impostato dallo staff di Sousa in estate: Inzaghi vi “sta ponendo rimedio”. Già nelle conferenze stampa l’attuale allenatore dell’ippocampo aveva affermato, senza molti giri di parole, di aver trovato molti dei suoi indietro di condizione atletica. Lluis Sala sembra rispondere alle critiche in una puntata del podcast pubblicata tre giorni fa.
Il preparatore atletico ad inizio puntata fa già riferimenti alla sua ultima esperienza professionale a Salerno: “Mi ha richiesto molto non solo a livello mentale, ma anche fisico. Abbiamo provato non tanto a cambiare le cose, ma di andare ad aggiungere nuovi elementi. Alla fine abbiamo comunque fatto la storia del club raggiungendo la loro terza partecipazione alla Serie A consecutiva, questo la dice tutta”. Sala spiega il protocollo adottato dall’arrivo di Sousa in Campania. Il tentativo sarebbe stato quello di entrare in punta di piedi, conoscendo lo staff presente in loco, portando gradualmente il gruppo prima a conquistare la salvezza, poi a fare un salto qualitativo. Ma l’inizio non è stato semplice: “Il profilo di routine quotidiana che noi dello staff avevamo a Salerno era molto diverso da quello che abbiamo svolto in altri posti. Parlo ad esempio del protocollo di attivazione individuale del calciatore appena arrivato, il protocollo di attivazione del gruppo, il parlare molto con i calciatori, test individuali, protocolli per i calciatori provenienti da un infortunio e pronti per essere reintegrati nel gruppo e così via. Su tutto ciò abbiamo dovuto a poco a poco modificare i comportamenti professionali. Modellavamo un microciclo settimanale che ogni squadra di livello, a nostro giudizio, dovrebbe avere. In un club, anche di gran nome, è più importante la persona che lavora. La Salernitana non è un club con un grande blasone, ha da cambiare e rivedere molte cose“.
L’obiettivo immaginato
“Sousa e noi dello staff siamo arrivati con il compito preciso di salvare la squadra”, afferma Sala. La permanenza in massima serie sarebbe stata la base di partenza per il gruppo di Sousa, prima che si rompesse qualcosa in estate. “Però quando assumi un allenatore che per nome, carriera e curriculum potrebbe allenare una delle squadre che stanno lottando per vincere quello stesso campionato o per andare in Champions League, lo fai con l’intenzione di chiedergli anche di dare al club un’altra visione. Abbiamo cercato di creare una routine da dare agli altri componenti dello staff. Una volta che abbiamo salvato la squadra, nel pre-campionato abbiamo iniziato a dire ‘questo si fa così, questo invece non si fa’ sulla base del nostro credo professionale. Perché non l’abbiamo fatto prima? Noi siamo uno staff di cinque persone, una famiglia. A Salerno ci siamo uniti a uno staff già presente sul luogo e il fatto di arrivare da un altro paese, con un diversa mentalità di lavoro, richiedeva cautela”.
Alla fine tutto ciò ha pagato solo in parte con la grossa performance collettiva fino a maggio e la deludente partenza della corrente stagione. L’amore è diventato “viziato”, a detta del patron e la fiducia è venuta meno. Da una parte e dall’altra.
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