La Salernitana di Lotito e Mezzaroma ci ha messo dieci anni per scalare tutte le categorie del calcio professionistico. Castori è stato il grande protagonista dell’ultima promozione in A, ma le prime due (quella dalla D con la denominazione ed i colori del Salerno Calcio e successivamente quella in Prima Divisione con la ritrovata Salernitana) portarono la firma di Carlo Perrone, il primo allenatore del nuovo corso societario e capace di riscrivere record della storia granata a suon di risultati utili consecutivi: ben 23 nella trionfale stagione 2012/13 in Seconda Divisione. Raggiunto dalla nostra redazione, l’allenatore classe 1960 ha confessato di aver tenuto d’occhio i granata nel torneo cadetto: “Sì, l’ho vista spesso in televisione, sceglievo la partita della Salernitana tra le altre che venivano trasmesse perché è rimasto un legame affettivo con la città e con la piazza”.
Molti hanno definito questo trionfo come la vittoria del gruppo. “Quando si vince è perché ci sono anche delle qualità – commenta Perrone – Non sono d’accordo con chi dice che la Salernitana partiva dietro rispetto a tante altre avversarie. Non ho visto queste grandi corazzate a parte il Monza, eppure di partite ne ho seguite tante. Con i nomi e basta non si va lontano, le squadre si devono amalgamare per arrivare al traguardo. La Salernitana ha degli ottimi giocatori, un gruppo molto coeso e vanno dati grandi meriti ai co-patron Lotito e Mezzaroma”. Perrone estende il discorso a tutto il decennio di gestione capitolina: “Questa promozione dalla D alla A non sarebbe stata possibile senza i due presidenti. Se andate a rivedere la prima conferenza stampa di presentazione del 4 agosto 2011, scoprirete che tutte le promesse sono state mantenute e non è facile nel calcio di adesso assistere ad una cosa del genere. Il merito maggiore di questa cavalcata è della società, poi in questi 10 anni si sono alternati direttori, allenatori e calciatori che hanno dato il loro contributo, a volte maggiore, a volte inferiore”.
Perrone fu protagonista in panchina del passaggio al professionismo nel 2012 con la “deroga” speciale concessa alla Salernitana. Che idea si è fatto ora del nodo “multiproprietà” che impedisce a Lazio e granata di far parte dello stesso campionato? “La mia idea, che non ha nessun riscontro reale, è che Lotito in un modo o nell’altro riuscirà a trovare la strada per non lasciare la Salernitana. Il difficile è stato fare dalla D alla C1, un percorso che rappresentava tutto una rimessa dal punto di vista economico. Già in Serie B, tra botteghino e diritti tv, un club rende di più, specie in una piazza come Salerno che in massima serie può portare fino a 40mila spettatori allo stadio ogni domenica. È un giocattolo che è stato realizzato con tanta cura in questi anni, è anche giusto che ora chi ha investito per costruirlo se ne goda i frutti. Staremo a vedere come andrà a finire”.
Nelle tre diverse esperienze a Salerno (tornò anche nel 2013/14, venendo però esonerato dopo un ko a Pontedera) Perrone ha visto passare tanti calciatori. Quale di questi non ha avuto la carriera che avrebbe meritato secondo il mister? “Ci sono dei calciatori che sono arrivati in massima serie con un po’ di ritardo, vedi Alessandro Tuia. A Salerno ho allenato grandi calciatori che però erano in parabola discendente come Ciro De Cesare, per via della carta d’identità. Sicuramente mi è dispiaciuto che Giovanni Puglisi si sia arenato dopo Salerno, aveva qualità interessanti, davvero un bel calciatore”. Secondo Perrone, la Salernitana ha le capacità per restare a lungo in massima serie: “Se rimangono Lotito e Mezzaroma ci sono ottime possibilità di vedere tanti anni di Serie A. Lotito è da tanto tempo nel calcio che conta, ha esperienza e lungimiranza, mi sento di dire che possono aprire un ciclo”. Insomma, l’appuntamento è all’Olimpico: “Se ci sarà la possibilità di andare allo stadio sicuramente non mancherò nelle sfide con Lazio e Roma”.
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