Adesso è di nuovo tutto in bilico. L’annuncio della ripresa della Serie A per il 13 giugno si va a scontrare con le decisioni di alcuni club, Inter su tutti, di non riprendere gli allenamenti il 18 maggio per protesta contro il protocollo scritto dalla Figc e corretto dal comitato tecnico scientifico del governo. La A resta in bilico, la B guarda con attenzione.
È chiaro che c’è un filo diretto tra il massimo campionato e il torneo cadetto: la priorità naturalmente è far riprendere (e soprattutto terminare) il campionato di Serie A, se va a cadere questo presupposto anche la B difficilmente potrà riprendere. Anche perché servirà un nuovo protocollo creato ad hoc.
Le modifiche suggerite dal cts al documento non è piaciuto a molti club, tanto che ci sarà già oggi un incontro tra rappresentati di A e Lega con richiesta di smussare qualche angolo. L’Inter (ma anche Napoli, Verona, Sampdoria, Fiorentina) ha deciso di non scendere in campo lunedì perché i punti scritti nel protocollo sono solamente indicazioni. La Figc presto le trasformerà in regole obbligatorie, ma c’è da ragionare e soprattutto cambiare alcuni aspetti.
Sono quattro gli aspetti che non convincono. Prima di tutto è difficile creare un ambiente chiuso per ogni squadra. Soprattutto per quanto riguarda le strutture che dovrebbero ospitare i ritiri, camere singole per ogni componente della squadra (staff e calciatori) significherebbe occupare un intero albergo. È però la legge sulla quarantena a lasciare dubbi e perplessità: in caso di positività vige ancora l’articolo 1 del Dpcm del 21 febbraio, isolamento obbligatorio per 14 giorni per il soggetto che ha contratto il virus e per chi lo circonda. Quindi un’intera squadra rinchiusa e non solo: in caso di partita di campionato, anche gli avversari dovrebbero andare in isolamento. Un caso di positività a torneo ripreso significherebbe richiudere tutto di nuovo. I medici restano preoccupati per la responsabilità civile e penale che devono assumere, inoltre le società hanno enormi difficoltà a reperire l’elevato numero di tamponi che serve ogni settimana per sottoporre gli atleti ai controlli.
La richiesta dei club è scrivere un nuovo protocollo oppure correggere quello attualmente pubblicato. Con ogni probabilità si andrà per vie politiche, con Gravina e Dal Pino che presto incontreranno il premier Conte. Stando al cts il campionato non dovrebbe riprendere almeno fino a settembre, per il governo invece si può giocare: la macchina economica va rimessa in moto. Conte potrebbe presto modificare il famoso articolo 1 del suo Dpcm, ma anche creare una regola nuova solo per atleti e calciatori.
Intanto ieri si è riunita la giunta del Coni, al termine Malagò si è mostrato fiducioso sulla ripresa ma non sulla conclusione del campionato: “Al 99% si parte il 13 giugno – ha detto il presidente del Coni – Si sta facendo di tutto per ricominciare, per mettere il sistema in condizione di ripartire. Ritengo che dopo tutti gli sforzi ci siano grandi possibilità che il campionato possa iniziare nella data auspicata. Credo ce ne siano meno che una volta che parta possa poi finire. Per sapere poi quante chance ci sono che il campionato finisca bisognerebbe avere la palla di vetro. È il vero rischio, l’ho detto già due mesi fa con serenità: in Germania hanno fatto un accordo con i calciatori se le cose non riescono a chiudersi, nel caso italiano l’obiettivo unico è quello di cominciare. È un questione culturale, questa mentalità del ‘partiamo e poi vediamo’ io non ce l’ho. Secondo me nella vita serve sempre avere una alternativa, per evitare di compromettere una situazione già molto complessa”.
E ancora: “Il Dl può fornire un assist, poi ognuno deve assumersi delle responsabilità. Non riguarda solo il discorso di promozioni e retrocessioni, ma anche le questioni legate ai broadcaster e ai calciatori. Secondo me il mondo del calcio dovrebbe riunirsi anche con allenatori e medici sportivi per trovare una soluzione”.
Ma il punto focale è come affrontare una positività a campionato iniziato: “Abbiamo recepito una direttiva che individua un percorso di coinvolgimento generale e non quello di creare una quarantena individuale. È un tema che riguarda il Cts, non ho mai interloquito con loro, lo deve fare il governo e il ministero dello Sport. Mi dicono che è una decisione che può anche essere rivista. Ma devo dire che questa lotta tra alcuni medici e il Cts non mi appassiona”.
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