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Editoriale

Dai segnali di risveglio a quelli di resa: il campo ha parlato, elettrocardiogramma piatto

La resa. Il titolo della serata di ieri sembra essere racchiuso in sei lettere, nella giornata in cui Udinese e Sassuolo hanno perso e che poteva rappresentare la vera scossa per iniziare una faticosissima ma comunque possibile risalita. Prima di ieri, almeno. Perché la sconfitta numero 17 della stagione è arrivata come le altre casalinghe, forse un filo peggio: dopo la figuraccia di San Siro serviva un altro spirito, serviva “far parlare il campo“. Il campo ha parlato e ha detto che questa squadra probabilmente non merita di restare in massima serie, se è vero (come è vero) che esso è giudice supremo. Il campo ha detto che la società ha sbagliato le sue scelte a giugno e forse anche a gennaio. Il campo ha detto che il nuovo allenatore ha perso il controllo della situazione ancor prima di averlo assunto. L’impressione è che non ci sia più nulla da fare e che la rassegnazione ormai regni nello spogliatoio e anche fuori.

Danilo Iervolino non era allo stadio ieri. Si è tenuto in contatto con Petrucci e Milan e pare mediti ulteriori decisioni. Un’assenza che fa rumore nel momento più buio della sua gestione. La piazza attende chiarezza anche e soprattutto dalle sue parole. La proprietà non è contenta dell’approccio di Liverani ma intende concedergli altre chances, almeno a Udine. Certo, con dodici partite ancora da giocare e sette punti da recuperare sulla zona salvezza, la missione sembra ormai impossibile da compiere pur cambiando o tornando sui propri passi e richiamando Inzaghi. Non può essere certo Liverani il colpevole di tutto. Eppure ne ha sbagliate di cose il nuovo tecnico, che forse immaginava un’avventura difficile ma non così tanto: l’ex leccese non ha portato alcuna novità, ha ricalcato il modulo del predecessore, non ha dato forza al mercato di Sabatini dalla cintola in su (Gomis oggetto misterioso, Vignato da lui mai impiegato, lo stesso Weissman non titolare a San Siro e primo sostituito ieri) né segnali alla squadra quando, sullo 0-0, si poteva e doveva pigiare ancor più sull’acceleratore aumentando il potenziale offensivo e non diminuendolo. “Questa squadra non può sorreggere i quattro attaccanti in campo contemporaneamente”, si è difeso Liverani. Che ha ragione, intendiamoci. Non c’è a centrocampo un metronomo, la condizione fisica è scadente, in difesa la coperta è cortissima e con tanti elementi reduci da problemi fisici, inattività oppure inadeguati a ricoprire alcuni ruoli (Zanoli non è un quarto di difesa ma un quinto). Tutto vero. Ma in una partita da dentro o fuori, valeva la pena rischiare e osare qualcosa in più nel momento giusto. Liverani avrà avuto le sue ragioni per non farlo, però si è ritrovato con un pugno di mosche in mano e alla fine… contano i risultati.

Certamente la corsa alla ricerca del capro espiatorio è sport che appassiona i tifosi. Mai come stavolta, una società che ha fatto tanti investimenti e che ha attenzione a mille aspetti di extra calcio dovrebbe valutare in primis l’auto-accusa. Quando le cose vanno bene è merito soprattutto del presidente che paga, fa le scelte, detiene l’ultima parola. Quando le cose vanno male vale lo stesso perchè solo chi non fa, non sbaglia. Ma non può sempre essere colpa di qualcun altro. Se il procuratore vende per campione un calciatore mediocre ha fatto… in pieno il suo lavoro; è chi compra ad aver fatto incauti acquisti e a doversi colpevolizzare. Parzialmente Iervolino ha già ammesso i suoi errori in sede di presentazione di Inzaghi, quando disse che  – tornando indietro – non avrebbe confermato Sousa. Ma lì c’è solo un primo tassello dell’escalation di episodi negativi, sfortunati e gestiti non in modo ottimale sotto tutti gli aspetti. Iervolino è presidente di una società di calcio da appena due anni e per lui retrocedere può rappresentare un danno di immagine rilevante, oltre che finanziario. Ha imparato che spendere non sempre significa ottenere risultati subito. Ed ora? La piazza chiede chiarezza anche sul futuro, mentre l’ad Milan dice che “è prematuro e proveremo ad essere meno morbidi, più incisivi sotto certi aspetti. Anche il dialogo si raffredderà con la squadra”. Tardi. Non lo sarebbe per una risposta dettagliata da parte del presidente a tutti i perché che la tifoseria ha accumulato in questi mesi. Retrocedere e perdere è possibile, però poi bisogna dare le spiegazioni adeguate e soprattutto rimettersi al lavoro per programmare una risalita convincente e dimostrare che si è trattato solo di un incidente di percorso. Che ne sarà della Salernitana 2024/25 in caso di retrocessione?

In tutto ciò Walter Sabatini è amareggiatissimo. Le sue condizioni di salute non gli consentono di incidere come vorrebbe. Non può essere presente, ha fatto un mercato con budget ridotto ed altre oggettive difficoltà. Probabilmente, per quanto stimi Liverani, si è trovato costretto anche a ripiegare su di lui dopo aver sognato altri tecnici che frattanto si erano già impegnati con altre società. Il diggì vorrebbe fare di più ma non può. Ha commesso qualche errore di valutazione anche lui? Possibile. Certamente il tempo è poco e non è da escludere che ci siano segnali di risveglio. Con Nicola fu così ma – Inter fuori casa e Torino all’Arechi a parte – la squadra non diede mai l’impressione di essere totalmente scollata e non più sul binario della lotta. Stavolta questa “squadra che non è mai diventata tale”, parole dello stesso Sabatini, non ha mostrato sangue. La sfortuna fa il resto, però si sa che la fortuna va da chi se la merita e la sa captare. La Salernitana si è arresa troppo presto e ha gettato alle ortiche la possibilità di andare a -4 dalla salvezza. La matematica non la condanna, però se i granata sono quelli delle ultime due gare, confusi, a tratti anche generosi ma senza idee e canovacci da seguire, con le gambe scariche, impauriti, non potranno fare molto di diverso e questo a prescindere dalla guida tecnica. Che, per carità, può orientare verso il punto in più o il punto in meno.

La piazza è scoraggiata. Ieri ha fatto male vedere la gente andare via al raddoppio dei brianzoli (e l’ex Akpa Akpro si è pure divorato il tris nel recupero). Si corre il rischio di sfociare in isterismi o, peggio ancora, atteggiamenti incivili che a poco servirebbero se non ad avvalorare la tesi di chi vuole la Salernitana giù perché considerata un’intrusa, non all’altezza. Se in campo non si retrocede con dignità, occorre farlo sugli spalti, con le penne in mano, sui social. Solo così la responsabilità dei giocatori e dei tre staff che si sono alternati al momento sulla panchina della Salernitana potranno essere dirette ed esclusive, insieme a quelle della proprietà naturalmente. Alzi la mano chi ci crede ancora. Farlo non è una colpa, non farlo è comprensibile. È esattamente la situazione che bisognava evitare.

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