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Caos ripescaggi, il calcio si dia una regolata per il suo bene

Si lasci rotolare liberamente il pallone sul prato verde, prima che il calcio vada a rotoli per sempre. Come un grande amore ed una passione incrollabile calpestati ripetutamente dall’oggetto del proprio desiderio, anche il pathos che avvolge la sfera di cuoio, quotidianamente svilito da piccole e grandi avidità, rancori latenti e malcelati desideri di cariche e poltrone, rischia di cedere il passo ad un amaro disincanto. La vicenda legata ai ripescaggi ed al format del campionato cadetto, che inevitabilmente coinvolge anche l’intero panorama della terza serie, sta assumendo connotazioni a dir poco farsesche. A rimetterci è soprattutto la credibilità dell’intero sistema calcistico nostrano, con le tifoserie sempre più disorientate e sballottate tra il desiderio di lasciarsi coinvolgere dalle prodezze tecniche delle squadre del cuore ed il tentativo, speso infruttuoso, di inoltrarsi nei meandri della politica pallonara per capire ciò che si nasconde al di sotto della superficie visibile agli occhi dei comuni mortali.

Perché se a settembre inoltrato, dopo aver archiviato già due giornate di campionato, ancora non si conoscono il numero delle compagini partecipanti al torneo di B (19 o 22), i nomi delle squadre che completeranno il roster cadetto e, a cascata, la composizione ed i calendari dei tre gironi del campionato di serie C, solo un ingenuo smarritosi nel paese delle meraviglie può respirare aria salubre laddove regna il caos e una stagnante immobilità vincolata a passaggi che cercano disperatamente di recuperare trasparenza attraverso commi e codicilli giuridici. Ci sono in ballo (anche) interessi economici, difesi strenuamente dalle società favorevoli al ridimensionamento del format (le attuali 19 squadre di B), mentre sull’altro versante della barricata ben cinque sodalizi calcistici (Siena, Ternana, Pro Vercelli, Catania e Novara) sgomitano tra loro per guadagnare tre posti al tavolo su cui si compirà la spartizione dell’agognata torta. Un gradino più giù, incolpevoli e anestetizzate da un sonnacchioso avvio di stagione, altre 55 squadre provano a rincuorare le proprie tifoserie bramose di calcio con spettacoli di piazza impegnati dissipare il crescente e ormai ingestibile fastidio dell’attesa. Tra poche ore il surrealistico e indecoroso cabaret a cui stiamo assistendo dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) calare il sipario ed essere accantonato dietro le polverose quinte.

Si tratterà, ovviamente, di una breve sosta, perché i successivi ricorsi delle penalizzate non tarderanno a rimontare l’ennesimo teatrino a base di tarantelle partenopee, improbabili personaggi e grotteschi aspiranti al ruolo di insaziabili mangiafuoco. Poi, forse, sarà ancora calcio giocato per nove mesi, al termine dei quali, come gramigne inestirpabili, certe dinamiche ricominceranno ad imperversare sulla passione disinteressata di milioni di tifosi. Il calcio si dia una regolata, impari a rispettare i sentimenti di chi, nonostante tutto, è ancora disposto a garantirgli la sopravvivenza. Prima che sia troppo tardi e, soprattutto, che l’universo pallonaro si trasformi in uno spaventoso rudere che più nessuno vorrà visitare

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