A cuore aperto. Alessandro Bernardini è ritornato a parlare di Salerno, della Salernitana e della sua esperienza all’ombra dell’Arechi. Ma non solo, perché “Berna” in Campania ha avuto anche la possibilità di incrociare Stefano Colantuono, tecnico che gli ha dimostrato supporto e vicinanza in un momento molto difficile per lui e per la sua carriera.
Il carattere
“Colantuono sa cosa vuol dire disputare la serie A: parliamo di un allenatore scafato, dal curriculum importante e che sa bene come si affronta una corsa salvezza”, ha dichiarato Bernardini ai microfoni della nostra redazione. “Secondo me ha il carisma per farsi apprezzare e trascinare la squadra, in una piazza che conosce bene ma che soprattutto vive di calcio dalla mattina alla sera. Ci vuole un gran carattere per lavorare a Salerno e credo che lui ne abbia tanto. Ho un bellissimo ricordo di lui, del suo appoggio soprattutto: quando era a Salerno, nel corso della sua prima esperienza, iniziai già ad avere qualche problema. Nonostante ciò mi era sempre vicino, mi confortava. Nella mia opinione, sia da un punto di vista tecnico-tattico che da un punto di vista umano, potrà dare una grossa mano alla Salernitana”.
“È un discorso mentale”
Stagione che, come da pronostici della vigilia, non si sta rivelando semplicissima e cha ha bisogno di una vera e propria svolta: “L’annata si sapeva che sarebbe stata difficile: c’è stata un po’ di tensione per le vicende societarie all’inizio ed è una cosa che un po’ influisce e può avere ripercussioni anche sul campo. Capita ovunque questo. In ogni caso, come dicevo, a prescindere da tutto bisognava aspettarselo che non sarebbe stata una passeggiata: la serie A è dura, davvero molto difficile, è una categoria completamente diversa dalla Serie B. Tanti giocatori credo non l’avessero mai fatta e, oltre il campo, la Serie A è diversa anche nella gestione dei momenti. Per certi versi è qualcosa di nuovo per la Salernitana, dal momento che lo scorso anno le cose sono andate comunque bene e dunque non si è ritrovata a dover fare i conti con chissà quali problemi. La Serie A cambia, anzi trasforma, tutto. Siamo all’inizio e non la ritengo una stagione fallimentare, anzi. Questo avvio di stagione ha chiarito ancor di più la differenza tra le categorie. Inoltre, a mio avviso, delle cosiddette piccole si salveranno proprio quelle squadre che riusciranno a gestire al meglio questi momenti difficili, fatti di pochi punti raccolti e prestazioni un po’ così. E questo oltre le qualità dei singoli e della squadra, ne faccio un discorso mentale più che tecnico-tattico”.
Il calvario
Passo indietro, rewind. E ritorniamo a quella stagione maledetta, che ha impedito a Bernardini di continuare a giocare ed essere protagonista sul rettangolo verde: “Di quel periodo non ho bellissimi ricordi: purtroppo per me Salerno è stato il posto più bello del mondo ma anche il più brutto. Ovviamente non mi riferisco né al rapporto con i tifosi, né a quello con la società, bensì al fatto che purtroppo io non sia più riuscito ad allacciare gli scarpini. Salerno è una piazza che mi ha dato tanto, sinceramente credo di non aver mai giocato in una piazza così. Ti senti davvero un professionista, ero ben visto agli occhi dei tifosi ed in generale a noi non mancava nulla. Il calore del tifo e della città ancora oggi li ricordo con profondo affetto e piacere, sono stato benissimo a Salerno. Almeno fino alla diagnosi finale. I tifosi, all’epoca, speravano che io rientrassi. Li ho sentiti sempre molto vicini ma è stato davvero un calvario. Ma dentro di me sento che prevalgono comunque sensazioni, sentimenti e ricordi positivi. Me li porterò dentro per sempre”.
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