Compie oggi 51 anni Roberto Breda, indimenticabile capitano della Salernitana delle meraviglie targata Delio Rossi. Il centrocampista, che proprio con la casacca della Bersagliera ha scritto pagine leggendarie della storia granata, ha legato il suo nome alla città sia sotto il profilo sportivo, nelle vesti di calciatore e allenatore, che politico, a seguito della nomina ad assessore dello sport di Salerno.
La casacca granata è diventata negli anni una seconda pelle per Breda, il quale è sceso in campo con l’Ippocampo sul petto in 252 occasioni: numeri da leader vero. Le due promozioni con cui il calciatore si è consacrato al grande calcio, hanno portato Breda a diventare negli anni il beniamino della torcida granata, incarnando ancora oggi nell’immaginario collettivo quegli anni ’90 favolosi ma così distanti sotto il profilo emotivo.
C’è però un episodio che più di altri ha aumentato l’ammirazione dei tifosi. Il 20 febbraio 1994, allo stadio Partenio si incontravano Salernitana e Avellino, derby del girone di ritorno nel campionato di Serie C1. Nella tana dei lupi un appena 25enne Breda depositava di destro alle spalle di Negretti il pallone che valse l’exploit a tinte granata al minuto 76′ della ripresa, diventando ben presto icona della disfatta avellinese e leggenda del pubblico dell’Ippocampo. Ad imperitura memoria, uno striscione accompagnò il pubblico di fede granata per diversi mesi a seguire in giro negli stadi dello Stivale.
«Ricordo bene quella partita – afferma Breda – anche perché non ho fatto molte reti in carriera. Fu il primo con la maglia della Salernitana ma fu soltanto con il trascorrere delle settimane che compresi realmente l’importanza di quella rete. Credo che quella vittoria abbia rappresentato una svolta per il gruppo: facendo prendere consapevolezza dei propri mezzi alla squadra». Il trevigiano, sia dentro che fuori dal campo, ha sempre lasciato trasparire la sua umiltà che, al paio di spiccate caratteristiche da leadership, ne hanno fatto con il passare degli anni il condottiero del gruppo guidato da Delio Rossi, che maturò la doppia promozione nel ’94 e nel ’98.
La seconda parentesi del calciatore in granata, tra il 2003 e il 2005, non fu esaltante come la prima: il numero quattro appese le scarpette al chiodo proprio all’ombra dell’Arechi, sancendo l’addio al calcio con la rumorosa estromissione della Salernitana di Aniello Aliberti. Qualche mese più tardi Roberto Breda avrebbe accettato la panchina della Primavera della neonata Salernitana Calcio di Antonio Lombardi, prima di dire sì alla proposta dell’allora sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, che lo volle assessore allo sport della città di Salerno. Passò così dal campo alla scrivania come accaduto in precedenza anche a Marco Pecoraro Scanio.
Nel 2011 l’ultima volta con il granata sul petto, questa volta da allenatore: la Salernitana dell’allora patron Lombardi scelse di affidare la guida tecnica a Breda, per ricucire lo strappo con la tifoseria dopo la turbolenta retrocessione dell’anno precedente. Il tecnico lavorò su una rosa composta da diversi prospetti interessanti e il gruppo fece fronte comune con la tifoseria, conquistando a suon di risultati, sudore e lacrime il cuore dei supporters granata. Nonostante le difficoltà economiche, gli stipendi non corrisposti e le vicende a tratti grottesche (l’avvento di Cala in primis) la B sfumò poi in casa contro il Verona, sancendo la fine dell’era Lombardi.
Dopo tanti anni l’amore di Breda per la Salernitana è rimasto immutato: «Guardo sempre con piacere video e immagini riguardanti la Salernitana ed ogni volta sembra di tornare in campo a battagliare con i compagni. Spero che la Salernitana torni un giorno a giocare dove gli compete: la diatriba tra Lotito e i tifosi ha spostato gli interessi dal rettangolo di gioco», aggiunge Breda, che incassa gli auguri e ne fa ugualmente alla piazza salernitana: «Mi auguro che si ritrovi al più presto l’unità d’intenti: lo merita la storia e lo merita questa meravigliosa tifoseria».
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