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Approccio promettente, poi il black-out: l’analisi della deludente prova granata a Venezia

Dopo quindici minuti abbondanti di possesso palla pressoché costante, caratterizzati da personalità e controllo sereno della partita, durante i quali la squadra ha sfiorato il gol in due occasioni (Vicario è reattivo sul tiro di Bocalon, mentre la traversa ribatte la conclusione di Di Gennaro), i granata smarriscono la lucidità e si spengono gradualmente. Nei restanti ottanta minuti di gioco (compreso il recupero), la squadra non impensierisce mai seriamente i padroni di casa, denunciando frenesia, assenza di carisma ed un nervosismo ingiustificato. Discutibili anche alcune scelte tattiche operate dall’allenatore che, come vedremo, avrebbe potuto e dovuto preservare meglio le risorse atletiche ed energetiche dei suoi elementi più qualitativi.

 

Zenga rinuncia al 4-3-3 schierato nelle prime tre partite della sua gestione e si affida al 4-4-1-1, con Suciu e Bentivoglio a comporre la diga centrale in mediana, Falzerano e Di Mariano esterni dediti alla doppia fase ed il salernitano Citro alle spalle di Litteri. Colantuono risponde con il canonico 3-5-2, inserendo nell’undici titolare calciatori in grado di esprimere maggiore qualità ed incisività nella zona nevralgica del campo (Anderson, Di Gennaro, Palumbo e Vitale, accanto all’inamovibile Di Tacchio). In difesa, invece, il tecnico granata, consapevole di dover fronteggiare le possibili ripartenze di Falzerano e Di Mariano, opta per due centrali più rapidi nell’uno contro uno (Mantovani e Casasola), con il possente Schiavi intento ad inibire il vigore fisico di Litteri. In attacco, infine, conferma meritata per Bocalon ed un’altra chance per Djuric.

 

I granata partono bene, palleggiano con disinvoltura e sfruttano la superiorità numerica a centrocampo per impadronirsi del pallino del gioco. Gli esterni Anderson e Vitale appoggiano la manovra, Djuric lavora bene di sponda tra le linee, con Di Gennaro e Palumbo che si inseriscono tempestivamente due volte (traversa dell’ex cagliaritano ed incomprensibile ed imprecisa rifinitura dell’ex trapanese), mentre Bocalon impegna severamente Vicario. Il Venezia è in difficoltà, nonostante la disciplina tattica di Falzerano e Di Mariano, sempre pronti a stringere centralmente, ed i continui ripiegamenti di Citro. I lagunari non sottraggono l’iniziativa ai campani, perché uno dei due centrali difensivi granata partecipa alla manovra e vanifica il sacrificio difensivo di Citro su Di Tacchio. Inoltre, per il discorso della coperta troppo corta, quando Falzerano e Di Mariano stringono in mediana per sopperire all’inferiorità numerica, si aprono spazi sulle corsie esterne per Vitale e Anderson, sui quali l’uscita di Zampano e Bruscagin, preoccupati di non lasciare in parità numerica Modolo e Domizzi contro Bocalon e Djuric, è sempre un po’ tardiva. Pertanto, gara saldamente nelle mani della Salernitana, mentre il Venezia cerca di agire esclusivamente di rimessa e approfittare di qualche carenza individuale in fase difensiva degli uomini di Colantuono. Vitale, infatti, si lascia sorprendere alle spalle da Falzerano che sbaglia il cross finale, mentre Bruscagin approfitta della difficoltà atletica palesata da Di Gennaro, spesso in ritardo nello scivolare tra il centro del campo e la fascia sul giro palla veneto, per sfondare con frequenza sull’out mancino. Canovaccio, quest’ultimo, che porta pericolosamente al tiro Suciu, il quale però sbaglia la mira e consegna il pallone ai tifosi locali.

 

La fase difensiva granata è parzialmente soddisfacente, perché sulla prima impostazione veneta per vie esterne le mezzali di Colantuono (Palumbo e Di Gennaro) chiudono bene, con Di Tacchio che accorcia in fretta sul primo regista e una delle due punte (soprattutto Bocalon) che arretra per intralciare lo scarico sul secondo play maker. I problemi nascono quando i veneti trovano la sponda di Litteri o eludono il pressing ospite, prima di far scivolare il pallone sulla fascia sinistra, dove l’arrembante Bruscagin gode di eccessiva libertà in quanto Mantovani non abbandona la linea difensiva a tre, Anderson viene risucchiato verso il basso da Di Mariano, con Di Gennaro che (al momento) non ha la gamba ed i polmoni per fare gioco, attaccare lo spazio, assicurare filtro in mezzo al campo e scivolare con frequenza sulla fascia nel tentativo di intralciare le sovrapposizioni dell’esterno basso rivale. Un lavoro atletico dispendioso, ingiusto e controproducente. Come testimonia la seconda parte della prima frazione di gioco, con il ragazzo ormai esausto e vittima di noie muscolari che hanno impedito il suo ritorno in campo nella ripresa. Un lavoro che ha tolto lucidità in fase offensiva all’ex cagliaritano e che Colantuono avrebbe forse potuto risparmiargli, ordinando ad Anderson di scalare alto su Bruscagin e a Mantovani di accorciare su Di Mariano. Fatica eccessiva che ha cagionato anche l’errore da cui sono nati la ripartenza di Di Mariano, il fallo su quest’ultimo di Mantovani (ammonito), l’incertezza di Micai sull’esecuzione dell’ex bresciano ed il tocco sotto misura di Domizzi che ha regalato il gol vittoria ai veneti.

 

Subito il gol, la Salernitana è andata in confusione per diversi minuti, ha smarrito le sicurezze iniziali e le giuste distanze tra i reparti, rischiando di capitolare nuovamente in due occasioni, ma Falzerano, Litteri e Citro non sono stati abili ad approfittarne. Provvidenziale il duplice fischio arbitrale, con i granata di corsa negli spogliatoi per riordinare le idee.

 

Il secondo tempo si apre con l’ingresso di Odjer al posto di Di Gennarocon un risvolto tattico iniziale che sembra quasi essere un’ammissione di colpa da parte del tecnico granata. Finalmente Anderson scala su Bruscagin, mentre alle sue spalle Mantovani accorcia su Di Mariano. Sarebbe stato più logico adottare questa contromisura nella prima frazione di gioco, sia per preservare la tenuta atletica di Di Gennaro, sia perché con Odjer, più dinamico ed incontrista, appare meno necessario questo accorgimento difensivo. Come da copione, l’assenza del talentuoso lombardo (uno dei pochi centrocampisti granata a giocare verso la porta altrui) rende piatta e prevedibile la fase offensiva granata, che comincia uno stucchevole fraseggio senza sbocchi, con la giocata finale affidata ad un lungo cambio di gioco che peschi Vitale sul versante mancino. Nonostante la precisione del lancio esibita da Mantovani e Odjer, Vitale non riesce a sfondare e ad essere preciso, facendo arrivare in area veneziana solo un cross privo di nerbo che lo spento Djuric non riesce ad indirizzare efficacemente verso la porta di Vicario.

 

Intanto Zenga inserisce il combattivo e mobile Vrioni al posto di uno statico Litteri, sperando di creare maggiori difficoltà a Schiavi nelle azioni di rimessa. Colantuono prova ad iniettare dosi di estro alla fase offensiva dei suoi inserendo il giovane brasiliano Andrè Anderson (esce Palumbo), il quale fa il suo esordio ufficiale nel calcio italiano. I granata si schierano con il 3-4-1-2, sperando di incrementare la loro pericolosità offensiva con la qualità e la rapidità del neo entrato nella trequarti veneta. L’ingresso nel match del giovane sudamericano è interessante, grazie al movimento che detta il passaggio ai compagni ed al successivo tiro che impensierisce poco Vicario. Però si tratta di un fuoco di paglia perché il ragazzo, pur muovendosi bene e supportato da intraprendenza e leggerezza mentale, si smarrisce nella piattezza, nella confusione e nella sterilità espressa dal resto della squadra.

 

Non resta che affidarsi a qualche episodio scaturente da palla inattiva. Il colpaccio quasi si concretizza, ma i calciatori granata non riescono, per ben quattro volte, a calciare in porta sugli sviluppi di un mischione creatosi nei sedici metri veneziani. Zenga si copre ulteriormente con l’ingresso in campo di Segre che prende il posto di Citro. Padroni di casa disposti con il 4-5-1. Chiaro l’intento dell’ex portiere della nazionale: limitare l’agibilità tra le linee del neo entrato Anderson.

 

Colantuono cerca disperatamente di conferire incisività alla fase offensiva dei suoi uomini, gettando nella mischia anche Jallow che sostituisce Djavan Anderson. I granata terminano il match con una sorta di 3-2-1-4. Perché Casasola si alza e diventa quasi un attaccante aggiunto sulla corsia di destra, affiancando i centrali Bocalon e Djuric, mentre sul versante sinistro agisce l’ex cesenate. Alle loro spalle Andrè Anderson, che cerca di trovare agibilità tra le linee e di fornire assistenza al quartetto avanzato. Nonostante la corposa densità del reparto avanzato, la Salernitana, priva di idee, arruffona e nervosa, non crea nulla fino al termine del match, con gli attaccanti incapaci di uscire dai blocchi e fraseggiare, puntualmente anticipati dalla retroguardia veneta, sia sulla palla ricevuta verticalmente, sia sui rari traversoni spioventi dalle corsie laterali.

 

Brutta sconfitta, che fa male e riporta l’intero ambiente con i piedi per terra, contro una squadra largamente alla portata di Schiavi e compagni. Sconfitta resa ancora più dolorosa dall’impressione positiva fornita dai granata nei primi quindici minuti di gioco e, purtroppo, gradualmente esauritasi con il trascorrere dei minuti. Match che doveva essere gestito diversamente sul piano nervoso, della cattiveria agonistica e della lucida interpretazione tattica. Così come è sembrata discutibile la funzione di centrocampista a tutto campo assegnata da Colantuono ad un Di Gennaro ancora alla ricerca della condizione migliore. Attenzione rivolta al prossimo match casalingo contro lo Spezia, per centrare tre punti che consentirebbero alla squadra di lavorare serenamente nella lunga sosta imposta dal calendario.

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