Antonio Candreva o meglio “Mast’Antonio” è stato il tredicesimo ospite del podcast ufficiale della Salernitana “Vianema”. L’ex granata ha risposto alle domande dell’addetto stampa Alfonso Maria Avagliano sulle stagioni con l’ippocampo ed ha anche rilasciato alcune dichiarazioni sul suo futuro.
Candreva ha parlato del suo ritorno a Salerno la scorsa settimana e della sua carriera: “Entrare al Mary Rosy sotto altre vesti mi ha fatto strano. Non pensavo di smettere, ma dopo tutti questi mesi era giusto arrivare ad una conclusione. Avrei smesso in un’altra maniera però non è stato possibile. Non mi rammarico di nulla e sono contento del percorso fatto. Il pallone mi ha dato tanto e mi ha dato emozioni che rimangono dentro difficili da spiegare. Sono emozioni tue anche nel negativo perché alcune volte ti ritrovi da solo. Il mio periodo più difficile è stato quello di Parma e Cesena. Non trovavo una collocazione tattica precisa ed ogni anno andavo in prestito. Poi, arrivato alla Lazio nel 2012, è cambiato tutto grazie a mister Reja che mi ha collocato in un punto preciso da cui non sono mai uscito”.
L’ex centrocampista ha parlato della retrocessione infausta dello scorso anno: “La retrocessione dello scorso anno è stata molto brutta perché non abbiamo combattuto. Nessuno se l’aspettava dopo il percorso fatto l’anno precedente. Le responsabilità le ho sempre prese nella mia carriera ed anche l’anno scorso ho continuato a farlo. Non è successo solamente negli ultimi anni di Salerno. Dispiace per come sia finita perché retrocedere così è stato brutto soprattutto per i tifosi. Qui ho trovato una grande tifoseria che mi ha voluto bene dal primo giorno e ci sono rimasto male perché non sono riuscito a salvare la Salernitana insieme ai miei compagni. E’ stato un brutto passaggio della mia carriera. Dispiace per l’ultimo anno perché, come detto prima, avrei chiuso la carriera con un giro di campo in uno stadio pieno mentre l’ho chiusa con tristezza da parte di tutti, io in primis. E’ dispiaciuto vedere quelle facce che abbiamo deluso: non solo i tifosi ma anche la società. La vita continua e cadono sempre tutti con annate travagliate e negative: si vede anche quest’anno”.
Il romano ha spiegato anche come è stato possibile il suo approdo in Campania: “C’è stata questa telefonata ed opportunità di venire a Salerno. Sono sempre stato attratto dalle piazze pesanti che danno entusiasmo che caricano. Ho preso la palla al balzo e sono sceso a Salerno decidendo in pochi giorni. Sono stato veramente bene nei due anni. Il primo anno ho avuto molte emozioni e mi sono divertito”.
Parole al miele per il proprietario Iervolino: “Ad averne di presidenti come Iervolino. A volte ci siamo scambiati delle parole e delle chiacchiere, ho detto che alcune volte era troppo buono con la squadra avendo avuto trascorsi con presidenti più tosti. Il problema è che come sbaglia il presidente sbaglia anche l’allenatore e sbagliano anche i giocatori. Salerno deve essere contenta di essere rappresentata da un presidente che ci mette la faccia anche se nell’ultimo periodo non è stato troppo presente. Deve combaciare tutto in un ambiente. I risultati fanno la differenza, noi abbiamo fatto punti ovunque due anni fa ed avevamo la consapevolezza di potercela giocare con tutti: questo alzava naturalmente l’entusiasmo”.
Candreva ha ricordato anche il magazziniere Gerardo Salvucci che inventò il suo iconico soprannome: “Il soprannome Mast’Anto è nato con Gerardo. Una persona fantastica con un cuore enorme, ma non solamente per i giocatori. E’ sempre stato un punto di riferimento per tutti”.
Naturalmente il centrocampista ha ricordato i momenti positivi della prima annata: “Il mio gol preferito è stato quello contro l’Atalanta. Quella rete fu bella perché durante l’uno due con Piatek avevo sentito lo stadio che urlava ‘tira”, ma naturalmente già sapevo di voler fare quello. Vincere all’ultimo, poi, ci ha fatto raggiungere la salvezza con tre giornate di anticipo. Il momento che mi viene in mente nell’ambito Salernitana chiudendo gli occhi è difficile da scegliere. Nel primo anno ci sono stati molti momenti belli non solo all’Arechi, ma anche ad esempio quando andammo all’Olimpico con 4000 persone al seguito. Un bel momento fu il derby pareggiato a Napoli con il ritorno all’Arechi, ma anche il ritorno dall’Olimpico dopo la vittoria con la Lazio”.
Il capitolino ha parlato anche del futuro: “Voglio restare nel mondo del calcio. Sto facendo un corso d’allenatore, ma bisogna fare molta esperienza e cambiare modo di pensare. Devo vedere se sono pronto per questa nuova storia. Ho avuto molti tecnici bravi da cui puoi solamente prendere qualcosa, ma devi mettere qualcosa di tuo per andare avanti e contraddistinguerti in futuro. L’allenatore è il lavoro più duro che uno possa fare nel calcio perché devi pensare a 25 teste diverse portando rispetto a tutti e ragionando con la propria testa”.
Candreva ha anche sottolineato il bel rapporto con la città: “Mi piaceva andare in giro per Salerno sentendo il calore della gente anche andando al supermercato facendo due chiacchiere. Sono stato fortunato avendo una casa con il mare di fronte che già parlava per sé. Avrei pensato di fare molti anni a Salerno perché vedevo una città ed una società che potevano starci nella massima serie. Le annate disastrose possono accadere, ma bisogna compattarsi ed essere fiduciosi continuando a lavorare con l’aiuto della fortuna che non guasta mai. Ad oggi non so se tornerò a Salerno sotto altre vesti, mi farebbe però piacere”.
L’esordio tra i professionisti avvenne con l’ex Salernitana Tobia: “Quando mister Tobia subentrò da allenatore degli Allievi Nazionali a tecnico della prima squadra subito mi buttò nella mischia facendomi esordire ad Empoli. Non ero assolutamente pronto perché non mi ero ancora allenato con degli uomini. Tutto è iniziato dal tecnico che con coraggio mi mise in campo”.
In conclusione, Candreva ha parlato anche del rimorso della sua carriera: “Potevo fare di più nella mia carriera essendo stato uno che ha sempre tentato di migliorarsi. Dispiace di non aver vinto tanto. Sono andato tante volte vicino come nella finale di Europa League con l’Inter oppure nelle finali di Coppa Italia e Supercoppa con la Lazio. I nerazzurri mi acquistarono negli anni di transizione da Thoir a Zhang: mi dispiace non aver vissuto gli anni d’oro delle squadre in cui sono stato. La non qualificazione al Mondiale nel 2018 fu veramente brutta perché uscimmo davanti ad un San Siro pieno”.
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