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Cala il silenzio all’Adriatico, i 740 ultras granata non bastano: tra rabbia e delusione verso i playout?

PESCARA. “Se tornerai, magari poi noi riconquisteremo tutto…”. Una canzone, un sottofondo verso la terra abruzzese. Risuonano melodie in auto, autobus, in treno. Chilometri con il cuore in gola, con il fiato sospeso, con i “se..” e con i “ma..”, con carta e penna alla mano, tra i numeri e i conti, le addizioni e le sottrazioni e “se le altre…”, “..ma noi dobbiamo vincere, ci dobbiamo credere”. Così, questo sabato pomeriggio di primavera, che sa di dentro o fuori, di vita o morte. Mai un “sold-out” quest’anno in trasferta da parte della torcida granata, che nell’ultimo periodo aveva sciolto le briglie sia in casa – tra le mura dell’Arechi –  che fuori, con il dissenso di chi si è sentito deluso, arrabbiato, incompreso. Dalla diserzione, alla spaccatura interna, al dentro o fuori la Curva Sud, dal sostenere o meno fino al dissentire in maniera assoluta sulle scelte della società dei grandi obiettivi, crollati in un soffio di vento, in una sola fase. Dal 30 marzo, i tifosi si riuniscono, al suon di: “Liberate la Salernitana”, leit motiv di una debacle durata fino alla fine, fino all’ultimo step, in cui però con la sciarpa e la bandiera quegli ultras hanno premuto sul tasto “reset..”, tenendola per mano un’ultima volta ma senza mai farsi sfiorare dal pensiero di “staccare la spina..” di un malato (quasi) terminale e riempiendo il settore ospiti. Settecentocinquanta all’Adriatico di Pescara per Pescara-Salernitana: tutti con le mani al cielo, già durante il riscaldamento degli undici di mister Leonardo Menichini.

Solo per quella maglia, in trepidante attesa, spingendo quella squadra prima sotto la porta dove si affacciano i tifosi biancazzurri e poi sotto il settore ospiti. Per 90 minuti, tutti verso un unico obiettivo, quel pallone in rete. Cancellare i malumori, cantare tutti insieme per scongiurare il pericolo della retrocessione che incombe. E tra un risultato “delle altre..” in diretta e i cori, quasi tutti i gruppi organizzati della Curva Sud Siberiano, si sono riuniti sotto un unico vessillo, dimenticando per pochi attimi quella che era stata la diserzione e le polemiche a suon di comunicati stampa e attacchi social. Tifosi granata che si fanno sentire durante la prima fase di gioco, facendo registrare anche qualche scoppio di petardi proprio sotto il settore ospiti. Il silenzio che è calato al 33esimo e al 45esimo del secondo tempo sugli spalti, quando il Pescara ha siglato il suo vantaggio. Rimanere “appesi”, alle altre..soffrire fino alla fine, lo sanno bene quei 750 che hanno seguito i granata anche in quest’avventura da dentro o fuori, che al termine dei minuti di gioco riceve da lontano soltanto gli applausi di qualche giocatore granata. Non è stata blindata la cadetteria, i tifosi hanno sofferto, hanno assistito inermi durante tutto il secondo tempo. Dopo 96 minuti, ancora una volta non è finita…perché è finita si dice alla fine, ma si corre il rischio di non giocarsela più, appesi al Foggia, che aspetta ancora di poter recuperare, ma non sul rettangolo verde bensì sul campo giudiziario. La torcida granata, lascia l’Abruzzo con l’amaro in bocca… la spina non è staccata, ma tra lo sconforto e la delusione, ci si chiede ancora se vale la pena di tenerla attaccata.

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